Al Teatro Regio una riuscita interpretazione della Terza Sinfonia; mezzosoprano Annely Peebo
di Attilio Piovano foto © Cory Weaver
CICLOPICA IMPRESA – pienamente riuscita – quella condotta in porto a Torino, dall’Orchestra del Teatro Regio la sera di giovedì 22 gennaio 2015. Proporre la monumentale Terza Sinfonia di Mahler, visionaria partitura impregnata di «panteismo naturalistico», è sempre impresa avventurosa e affascinante: e a dir poco affascinante è il vero e proprio viaggio dello spirito che l’ascolto comporta. Orchestra in gran spolvero (opportunamente rimpolpata da professionisti di rango in varie sezioni per un totale di oltre 100 elementi) con il determinante apporto del Coro e del Coro di voci bianche (Regio e Conservatorio ‘G. Verdi’) istruiti da Claudio Fenoglio. Sul podio la bacchetta esperta di Nicola Luisotti che ha governato il tutto con mano salda e apprezzabile coerenza formale.
C’è tutto un mondo già nello sterminato primo movimento: un percorso dall’oscurità alla luce. E allora che emozioni quelle atmosfere dapprima livide e cupe, poi certe trattenute effusioni liriche, come frenate da un senso di pudore e poi i ritmi di marcia propulsivi innervati di brio, gli spunti fugati e molto altro ancora. Il rischio di una certa qual dispersione è sempre dietro l’angolo, per chi dirige, per chi suona e anche per chi ascolta. In apertura non tutto era perfettamente a posto, qualche disomogeneità, un che di ‘frammentario’ appunto (che in parte è insito nella partitura), quel collidere di zone cameristiche, singoli timbri, emersioni solistiche e passi addensati, ma poi come per incanto, grazie alla mano ferma di Luisotti, attento a dar corpo ad ogni minima rifrazione, già nel corso della protratta prima parte della Sinfonia (Kräftig, entschieden) tutto è andato (quasi) a posto.
E allora la seconda parte, suddivisa a sua volta in cinque sezioni di dissimile misura, taglio e ambientazione espressiva. Forti le emozioni che si sono sprigionate nel cameristico Tempo di Minuetto raramente apparso così spensierato e intenso al tempo stesso, come dev’essere. Un Blumenstück per dirla con Mahler, con una miriade di prelibate raffinatezze coloristiche e quell’incedere soave, tutto un mondo di dolci ricordi ed echi primaverili, ancorché qua e là striato di spleen e increspato di mestizia. Molto bene, nella lettura di Luisotti, è emerso poi il successivo Comodo, scherzando, in bilico tra mistero e naïveté, con la protratta dolcissima melodia del corno da postiglione (l’ottimo Paolo Paravagna) che in luogo del Trio si espande e si richiude su se stessa regalando istanti di paradisiaca estasi; giù giù sino alla sfolgorante apoteosi di questo singolarissimo e atipico Scherzo.
Attesissima – come sempre – l’entrata in scena della voce solista (Sehr Langsam): e si trattava del mezzosoprano Annely Peebo (rosso vestita, elegantissima) dall’emissione possente e delicata e dalle variegate timbrature. La quieta melopea della voce solista che enuncia un verso niciano, vero e proprio appello alle più intime profondità dello spirito, come si sa, approda poi con estrema naturalezza al mirifico Bimm Bamm delle voci infantili che aggiungono, con la loro nivea magia, un quid di ultraterreno alla partitura. Laddove i giri melodici della voce solista paiono anticipare le effusioni di Santa Marta nella successiva Quarta Sinfonia (La vita celestiale). Misticismo e panteistiche seduzioni di matrice naturalistica a predominare; da ultimo il melodizzare degli archi, purissimo come acqua di sorgente (e pare il cartone preparatorio per il sublime Adagietto della Quinta). Irresistibile l’espandersi gigantesco di tale melodia, intensissima e profonda sino ad attingere i vertici irraggiungibili dell’Assoluto. Una vera gioia per le orecchie e per l’anima, grazie all’elevato livello conseguito dall’Orchestra del Regio che, pur non potendosi certo paragonare alle massime compagini mondiali, ciò nonostante ha restituito un Mahler di tutto rispetto; coesa e affiatata, in tutte le sue vaste sezioni. Aggiungendo un prestigioso conseguimento nel proprio già ricco palmarès. Protratti e festosi gli applausi.