di Attilio Piovano foto © Juzzolo
Un concerto davvero singolare, quello dell’Accademia Bizantina, diretto a Torino lo scorso 18 dicembre 2019, all’Auditorium ‘Agnelli’ da Ottavio Dantone per la stagione di Lingotto Musica. Di una serata per intero vivaldiana si è trattato (nell’ambito del progetto triennale Vivaldinsieme, realizzato in collaborazione con l’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte). Piuttosto ricco il contenuto strumentale e vocale della serata, che ha visto la partecipazione straordinaria del contralto Sara Mingardo, rivelatasi ancora una volta una vera e propria fuoriclasse, nonché professionista di caratura internazionale. Ben impaginato il programma che accostava il Concerto per organo RV 541, due Concerti per archi ed uno per violino solo, a due assai celebri partiture sacre, vale a dire il Nisi Dominus RV 608 e l’ancor più noto (ed eseguito) Stabat Mater RV 621.
Ne è emerso nel complesso un Vivaldi piuttosto insolito, inconsueto e, di fatto, quasi ‘inedito’. In apertura dunque il Concerto per organo RV 541 dalle pimpanti fraseologie. L’esperto Ottavio Dantone ne ha disimpegnato dalla tastiera dell’organo positivo la parte solistica, ben assecondato dall’ottima compagine ch’egli stesso ha guidato con maestria. E allora agile brillantezza nei tempi rapidi (molto apprezzati gli slanciati fraseggi posti in atto), verve e spigliata scioltezza, ma anche capacità introspettiva nel compassato Grave centrale e una fantasiosa condotta della cadenza, eseguita con libertà e rigore al tempo stesso. Se nel Concerto per archi RV 138 si sono potute ammirare la bellezza del suono sprigionato dall’Accademia Bizantina, l’appropriatezza stilistica, la cartesiana (e pur non sterile) lettura filologica, altrettanto si può dire dell’altro Concerto di insieme, vale a dire l’RV 167 dalla singolare stringatezza e concisione. Superba la concertazione e direzione di Dantone, che per l’intera serata ha poi governato l’ensemble, dalla tastiera del cembalo, come di norma, svolgendo egli stesso il ruolo del basso continuo.
Ecco la felice sorpresa, per la maggior parte del pubblico, del Concerto per violino e archi in re maggiore RV 582 composto per la festività ‘della Santissima Assunzione di Maria Vergine’, così nel manoscritto: pagina di impervio virtuosismo che il fuoriclasse Alessandro Tampieri ha affrontato con sicurezza e souplesse davvero ammirevoli. Di opera di vasto respiro si tratta, fantasiosa e talora imprevedibile, con sorprese armoniche e tratti tecnicamente molto arditi ed avanzati, per lo più brillanti, tali da richiedere doti non comuni all’interprete. Meritatamente assai applaudito, Tampieri ha saputo metterne in evidenza le caratteristiche peculiari, ponendo il virtuosismo al servizio – per così dire – della forma, insomma una vera lezione di stile e di eleganza, la sua, in perfetta simbiosi con l’ensemble orchestrale: lo si è constatato soprattutto nella vertiginosa e quasi delirante cadenza conclusiva del concerto medesimo – costantemente innervato di vigoria ritmica – tratto di modernità indicibile e di superlativa bellezza.
Il vero e proprio clou della serata nelle due articolate pagine che vedevano protagonista la voce scura e vellutata di Sara Mingardo: un’interpretazione di altissimo livello, con momenti davvero toccanti, soprattutto nello Stabat Mater; occorrerebbe soffermarsi su svariati dettagli di quest’ultima partitura formalmente assai libera, ma «di grande unitarietà espressiva e strutturale» che qua e là rivela assonanze con il prediletto mondo strumentale vivaldiano (un esempio per tutti: nel passaggio sulle parole Eja Mater, fons amoris pare di sentire riecheggiare l’Inverno dalle celeberrime Stagioni). Molti i momenti rimarchevoli dello Stabat Mater, pagina impregnata di un dolore «composto ed interiore»: tra i tanti, da citare certuni passaggi in regime di Adagissimo, e poi non pochi sublimi madrigalismi ad esempio nel sottolineare la parola ‘gladius’ o ancora, vocalizzi estesi, come nel conclusivo Amen, tutti elementi che Dantone ha cesellato con cura potendo contare su un eccellente complesso e più ancora – merita ribadirlo – su una solista di prim’ordine. La Mingardo ha ottima emissione, fa comprendere a meraviglia il testo, disvela singolari ed emozionanti timbrature e molto altro ancora; insomma, le emozioni non sono mancate. Da citare nel Nisi Dominus (il cui testo è fondato sul Salmo 126) il breve, ma indimenticabile arioso su ‘Vanum est’, passaggio raccolto e solenne, come è stato notato; e poi certe opzioni ritmiche poste in atto da Vivaldi, come ad esempio la cullante ‘siciliana’ prescelta per indicare il concetto del sonno (‘Cum dederit dilectis suis somnum’), la vigoria ritmica di ‘Sicut sagittae’, la felice intuizione timbrica di inserire una viola d’amore intrecciata alla voce nel conclusivo ‘Gloria’ non certo giubilante e trionfale, bensì interiorizzato, come una sorta di aria lenta. Tutti dettagli che hanno potuto avvalersi della massima cura. Applausi scroscianti, nonostante l’acustica della vasta sala si riveli poco favorevole ad un complesso barocco (e dire che gli ‘specchi’ superiori e laterali erano stati ottimamente posizionati ad hoc, ma più di tanto non si può fare in un ambiente che raduna 1800 spettatori, quando tali pagine nacquero per bel altre collocazioni spaziali).
Da ultimo, espressamente dedicato al direttore artistico di Lingotto Musica Francesa Gentile Camerana, il commovente bis, vale a dire la cosiddetta Ninna Nanna dalla monteverdiana Incoronazione di Poppea.