di Attilio Piovano
Felice ritorno a Torino del grande pianista Krystian Zimerman, per Unione Musicale, a serie riunite (pari, dispari e didomenica), la sera dello scorso mercoledì 23 gennaio 2019, presso il vasto Auditorium ‘Agnelli’ del Lingotto.
Pubblico delle grandi occasioni e grande concentrazione, nel buio della sala gremita nella quasi totalità della sua capienza, fin dai primi istanti del concerto che Zimerman ha impaginato davvero bene. In apertura Brahms e la giovanile Sonata in fa minore op. 5 nella quale a ben guardare c’è già tutto Brahms: i tratti fiammeggianti, ovvero le accensioni così tipiche del musicista amburghese, ma anche quelle striature umbratili che saranno tipiche dell’ultimo Brahms, il Brahms autunnale di Fantasie, Intermezzi e Klavierstücke ovvero delle op. 116, 117, 118 e 119 vale a dire il Brahms degli ultimi anni appunto. Tutto questo Zimerman lo fa comprendere bene con una lettura dell’op. 5 a dir poco magistrale.
Del pianista polacco, dalla cura maniacale, del controllo meticoloso del suono e altro, si è detto e scritto praticamente tutto: sicché non è certo il caso di soffermarsi sui tratti peculiari delle sue interpretazioni, celeberrime ed amatissime, sia live, sia in sede discografica. Ci permettiamo soltanto di sottolineare quanto la sua coerenza di lettura di una pagina vada modificandosi ulteriormente nel corso degli anni, in un continuo divenire di maturazione e approfondimenti. Ecco allora che il suo Brahms emerge in tutto il nitore, in tutta la sua bellezza, interpretato con una intensità che ha del prodigioso; e potremmo soffermarci sui singoli dettagli dei vari movimenti, ma sarebbe esornativo per coloro che già conoscono il pianismo di Zimerman e dunque sia sufficiente sottolinearne – merita ripeterlo – la coerenza interpretativa per grandi arcate, il ripensamento della pagina nella sua interezza e non solo nella successione dei vari tempi, nonché l’estrema attenzione ai timbri. Ecco, questo è un aspetto davvero importante, il gioco dei timbri che in Zimerman non è mai casuale, ogni nota ha il suo peso, ogni nota la sua giusta collocazione entro una visione complessiva della pagina intera. Sublime è apparsa la dolce tenerezza dell’Andante, così pure hanno destato forti emozioni il vigoroso brio dello Scherzo, la melanconia dell’Intermezzo e da ultimo l’afflato quasi orchestrale del Finale ‘flamboyant’.
Seconda parte dedicata a Chopin e comprendeva l’integrale dei quattro Scherzi. Il suo amato Chopin, l’autore conterraneo al quale Zimerman ha consacrato decenni di recitals, incisioni che hanno fatto storia e che continuano a commuovere i pubblici di tutto il mondo. Anche in Chopin colpisce l’attenzione ai dettagli e nel contempo la visione prospettica, e non importa se qualche nota nel suo suonare con entusiasmo e con grande foga può risultare leggermente sporc, e qua e là occhieggia qualche piccola imprecisione: questo semmai restituisce lo spessore, l’humanitas del personaggio, del suo pianismo lontanissimo dalla perfezione asettica (sostanzialmente anti musicale) di tanti pianisti odierni, spiace dirlo, soprattutto provenienti dall’Oriente. Una lettura che fa pensare addirittura a Skryabin, uno Chopin singolarmente proiettato sul ‘900, il suo.
Ancora una volta da sottolineare la grande attenzione ai timbri non meno che la lettura di ogni singolo Scherzo nel suo arco espressivo, più ancora una lettura ad ampio raggio, come se i quattro Scherzi fossero inseriti in un più vasto progetto compositivo. E ancora una volta ci si potrebbe soffermare su singoli dettagli: ne citiamo uno solo, l’attacco epocale dello Scherzo op. 31 in si bemolle minore, un gesto sonoro, un motto che ha fatto storia e che è uno degli attacchi più celebri di tutta la storia della musica. Zimerman lo propone con precisione ritmica assoluta ma soprattutto lo assimila ad una sorta di punto interrogativo proteso sull’abisso, con virile asciuttezza, dunque senza alone sonoro, senza quel fa lungamente tenuto, anche con un certo snobismo, che altri pianisti sfoderano ed esibiscono. Ma poi nella ripresa ecco riapparire il motto stesso con una leggera piccolissima variante, il fa per l’appunto questa volta leggermente trattenuto con delicatezza ed eleganza assolute. Ecco, basterebbe da solo questo dettaglio per rendere la grandezza di Zimerman che alla fine ha continuato a ringraziare, con grande cortesia, incrociando le mani sul petto, ma come da sua abitudine, o quasi, non ha concesso alcun bis, al termine di una serata memorabile, anche se non soprattutto per l’impaginazione del programma. Ci si sarebbe aspettati infatti ragionevolmente un’apertura nel segno di Chopin e poi Brahms, in ordine cronologico. E invece ecco che Zimerman ha preferito puntare su una inversione degli autori, forse – ci piace immaginarlo – per far comprendere quanto Chopin sia armonicamente e timbricamente moderno, specie lo Chopin degli Scherzi (come pure delle Ballate e degli Studi) singolarmente prossimo – lo si diceva – allo Skryabin addirittura delle ultime Sonate. Insomma, una gioia per l’orecchio, la mente, gli occhi, per il cuore e l’intelligenza. Un pianista dalla tecnica agguerritissima (talora non più impeccabile, ma poco importa) che continua a conquistare il pubblico con l’intelligenza delle sue interpretazioni, una vera lezione di stile.