di Lorenzo Galesso
La chitarra, così come la conosciamo oggi, è stata plasmata dal multiforme ingegno di Andrés Segovia: schiere di chitarristi ne imitarono il suono e scoprirono un nuovo e affascinantissimo repertorio. Se però si considerasse il chitarrista andaluso come unico ‘demiurgo’ di questo strumento si commetterebbe un grave errore: molte altre personalità si apprestavano, o avevano già cominciato a conquistare il grande pubblico e la critica. Il libro di Alejandro Bruzual descrive la vita di uno di questi eminenti patriarchi delle sei corde: Alirio Díaz.
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Assegni governativi a parte, Díaz svolse una gran quantità di lavori o attività: fu insegnante, giornalista, poeta, maschera in un teatro, sassofonista
Ai più questo nome potrebbe anche significare poco o nulla, soprattutto se a digiuno di cultura chitarristica o poco interessati alle vicende musicali sudamericane. Nonostante ciò, al termine della lettura di questa bella biografia si evince come Díaz sia indissolubilmente legato a grandi chitarristi, eminenti personalità musicali (Sergiu Celibidache, tanto per dirne uno) e all’ambiente musicale venezuelano coevo.
Una delle cose più sorprendenti è l’infinito numero di difficoltà incontrate da Díaz fin dall’infanzia: nato nel 1923 in un piccolo paesino rurale, era l’ottavo di undici fratelli e già predestinato a una vita da contadino. Come molti giovani del luogo, crebbe in simbiosi con la chitarra, che divenne la sua principale ragione di vita. Vinta con fatica la ritrosia paterna (scappò persino di casa), dovette lottare contro la mancanza di mezzi economici, risolta solamente nel 1952 grazie a una borsa di studio decennale concessa dal governo venezuelano. Assegni governativi a parte, Díaz svolse una gran quantità di lavori o attività: fu insegnante, giornalista, poeta, maschera in un teatro, sassofonista; tutto questo senza mai dimenticare il suo obiettivo: la chitarra. Grazie alla sua perseveranza, studiò con grandi chitarristi come Sainz de la Maza, divenne un grande concertista, fu l’erede al trono di Segovia alla Chigiana di Siena e strinse importanti relazioni con alcuni grandi compositori, fra cui Antonio Lauro, e Mario Castelnuovo-Tedesco.
Da un punto di vista prettamente formale il libro si presenta come una ricerca musicologica puntuale ed esauriente, scevra da giudizi estetici fini a loro stessi. La vicenda umana di Díaz, inoltre, travalica i confini strumentali e si fa latrice di un messaggio rivolto a tutti i musicisti (volendo anche a tutti gli uomini): mai, mai, mai arrendersi. Oppure, se meglio vi aggrada, «vòlli, e vòlli sèmpre, e fortissimaménte vòlli». Da avere assolutamente.
Alirio Díaz. Il chitarrista dei due mondi. Alejandro Bruzual. Estratto per gentile concessione di Edizioni Curci S.r.L., Milano. diazestratto.pdf
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