di Lorenzo Galesso
Arturo Toscanini fu uno dei più importanti e influenti direttori d’orchestra del XX° secolo. La saldezza delle sue convinzioni , il fulgore del suo talento e la sua granitica preparazione musicale erano spesso superate dal suo difficile carattere, il quale non gli permetteva di scendere molto spesso a compromessi. Fu il primo vero latore delle idee wagneriane in Europa e nel mondo, contribuendo alzare il livello esecutivo e professionale delle più grandi orchestre italiane. Tale era la sua eminenza che entrò in contatto con i più importanti musicisti del suo tempo Puccini, Debussy, Richard Strauss, ma anche con personalità chiave della storia politica come D’Annunzio, Mussolini, Hitler, Roosevelt. A testimonianza di queste incredibili relazioni, nonché dei suoi amori e della sua vita professionale, rimane un vasto carteggio epistolare, scrupolosamente raccolto – nonché magistralmente interpretato – dal musicologo Harvey Sachs ed edito dal Saggiatore.
Il volume si divide in sette parti, precedute da una prefazione alla nuova edizione, un’introduzione e una nota filologica. In queste sezioni Sachs dà molte informazioni importanti riguardo la chiave interpretativa utilizzata per l’interpretazione del vasto epistolario toscaniniano, disquisendo sulle peculiarità caratteriali del direttore, il rapporto con la famiglia o il rapporto con il mondo musicale; dalla sicurezza con cui si esprime il curatore è facile intuire l’altissimo livello di conoscenza e competenza sulla materia trattata.
Procedendo all’analisi delle varie sezioni, è possibile evidenziare alcune informazioni importanti: Toscanini ebbe modo di dirigere per la prima volta il 30 aprile del 1886 durante la tournée in Brasile alla quale partecipava come primo violoncello e maestro sostituto del coro di una compagnia operistica itinerante. In questa prima fase della sua vita Sachs evidenzia più volte come sia molto attento al mondo operistico italiano – anche provinciale – e come misuri il successo di una performance in base al numero di arie bissate (pratica che lui stesso vieterà in seguito). Diresse la prima mondiale dei Pagliacci di Leoncavallo (anche se tendeva a giudicare quest’ultimo un sempliciotto), la Bohème di Puccini e la prima edizione del Crepuscolo degli Dei di Wagner. È molto divertente leggere i giudizi di Toscanini in merito a cantanti, orchestrali e altri direttori: termini come cagnaccio o cane compaiono con una frequenza allarmante. In seguito Toscanini lavorò come direttore principale in molte grandi città fra cui Milano, Torino, Buenos Aires e a New York con Mahler, da lui considerato mediocre («No, caro Enrico, credimi, il Mahler non e un artista serio. La sua musica non ha alcuna personalità né genialità»). Apprezzò invece l’operato di Strauss e Debussy, detestando Schönberg. Amava la montagna, le donne, Wagner, Dante, D’annunzio e Beethoven; fu un fervente patriota e partecipò sia alla prima guerra mondiale che all’occupazione di Fiume, sempre in veste di direttore.
Fra tutte le sue caratteristiche quella che più emerge sembra essere la tenacia e la forza d’animo: fermo oppositore del nazismo e del fascismo, non si piegò nemmeno dopo l’aggressione del 14 maggio 1931, in cui fu schiaffeggiato da alcuni facinorosi per essersi rifiutato di eseguire l’inno fascista Giovinezza (frase ricorrente in molte sue lettere fu infatti «La schiena si curva quando l’anima e curvata»). Tale tempra fu in egual modo presente anche nella vita professionale, pretendendo sempre moltissimo non solo dai suoi orchestrali ma anche e soprattutto da se stesso.
Per una più approfondita analisi dell’universo toscaniniano si consiglia caldamente la lettura integrale del volume, la cui riedizione tratteggia in maniera suprema ogni singolo aspetto di un personaggio che può essere considerato a tutti gli effetti monumentale. Imperdibile.