TEATRO ALLA SCALA
RIDOTTO DEI PALCHI “A. TOSCANINI”
MERCOLEDI’ 23 FEBBRAIO 2011 ORE 18.00
1912 – La novella Der Tod in Venedig di Thomas Mann mette a fuoco l’attrazione che si produce tra l’artista che crea faticosamente bellezza e l’oggetto ispiratore, un ragazzo che impersona la bellezza assoluta. Legame pudico, limitato a sguardi e sorrisi, sofferto come equivoco nell’ambientazione di una Venezia libidinosa contagiata dal colera. 1971 – Il film Morte a Venezia di Luchino Visconti esalta in fluire di immagini rapinose, fascino della decadenza e cedimento doloroso alla deriva.
1973 – Benjamin Britten anziano, sofferente di cuore, specchia nell’ultima sua opera la propria inquietudine d’artista e la forza ispiratrice che l’ha legato all’ interprete e compagno di vita Peter Pears. Crea un’opera musicale di passo cinematografico. La musica accompagna l’introspezione intellettuale e sentimentale del protagonista Aschenbach. Scrittore di fama, ci appare in crisi a Monaco, il pensiero svuotato di creatività, e intraprende un viaggio al Sud, a Venezia, per ritemprarsi. Sul battello per Venezia la premonizione di giovani e canti sguaiati, guidati da un vecchio vizioso truccato da giovane. Nella città ambigua tra acqua e pietra il suo destino scorre portato da volontà altrui: il Gondoliere che lo sbarca al Lido, il contrattempo dei bagagli che non lo lascia partire, il barbiere che alla fine truccherà anche lui…Osserva gli ospiti, e il ragazzo d’una famiglia polacca attira il suo sguardo, provoca una folgorazione di bellezza sovrumana, di perfezione greca che gli sconvolge l’esistenza. Il ragazzo si esprime in danza, senza parole. La contemplazione furtiva di lui che gioca coi compagni sulla spiaggia è accompagnata da un battito delicato di percussioni orientali, intrecciate a cori di stupore estatico o lancinante che interpretano i pensieri di Aschenbach. Appare anche Apollo, quando Tadzio vince tutti i giochi, interpretato da un controtenore che vocalizza una antica melopea. Il protagonista si esprime in recitativo, seguendo, con nitore e trasalimenti, le proprie reazioni; e si apre talora ad ariosi di mistero, sulla bellezza della città, o sfogo convulso quando si sente ormai posseduto da caos e malessere. Trasparente l’orchestra scivola e avvolge, accoglie personaggi e gruppi anche chiassosi, sgradevoli, sfuma in lirica nostalgia l’uscir di scena del ragazzo, intatto nella sua grazia, mentre lo scrittore ricade morto sulla sua sediasdraio. (testo di F.C.)
Ne parleranno Carlo Maria Cella, musicologo e capo ufficio stampa Teatro alla Scala e Chiara Sandrin, docente di Letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Torino, nell’incontro “Il canto del cigno” con ascolti e video.
(comunicato stampa)