C’è l’immagine, la trasgressione, l’essere eccentrico, il look un po’ punk. Il personaggio insomma. Può suonare un Ipad e duettare con il famoso jazzista Herbie Hancock (alla Scala il 23 maggio). Ma c’è anche la sostanza. E questo è indiscutibile. E solo una cosa gli viene meglio, almeno in Italia, dell’essere un pianista: dividere. Dividere il pubblico e gli addetti ai lavori. Perchè Lang Lang appartiene a quella categoria di musicisti che non crea mezze misure intorno a sè. Forse ancor più di Glenn Gould, che faceva venire l’orticaria con Mozart e le sue infinite fissazioni, il suo abbigliamento invernale nei mesi estivi, ma alla fine metteva d’accordo (quasi) tutti con Bach. Lang Lang è un musicista libero da schemi, non deve presentare il conto a nessuno, nemmeno alla Stenway che gli ha dedicato una linea di pianoforti, non deve appartenere a questa o quella categoria, e in Italia lo possono “capire” soprattutto i giovani. E’ l’emblema della bravura e della spregiudicatezza. Di chi sa ascoltare Beethoven ma “anche l’hip hop”, come ha detto ieri in un incontro alla Scala Shop, co-organizzato con la Sony. Eccolo quindi, classe 1982, rispondere alle domande del pubblico (non di giovanissimi però; ne incontrerà una delegazione oggi pomeriggio nel ridotto dei palchi del teatro milanese). L’incontro è stato condotto da Corrado Beldì di Rolling Stone e Mario Marcarini della Sony per presentare il suo disco “Live in Vienna”. Lang ha parlato dei suoi gusti (pianisti che ascolti? “Horowitz, Michelangeli, Rubinstein”; altra musica oltre alla classica? “Jazz, hip hop”), della possibilità di portare la musica classica all’aperto, della Fondazione che porta il suo nome.
Magico Mikhail Pletnëv a Milano
Il titolo di Last Romantic che era stato affibbiato allo Horowitz degli ultimi anni di carriera va trasferito direttamente a...