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Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Johannes Kalitzke, direttore. Alain Billard, clarinetto. Francesco Dillon, violoncello. Luca Francesconi, regia del suono. Teatro Dal Verme, ore 20,30. Milano
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Il musicista fiorentino interpreterà questa sera Lachenmann (Notturno) e una prima italiana di Francesconi (UNexpected end of a formula), due brani che vedono il violoncello come strumento solista.
Francesco Dillon conduce da anni una esplorazione del Novecento che lascerà il segno. Certo, ha lavorato a stretto contatto con compositori come Henri Pousseur, Salvatore Sciarrino, Sofia Gubaidulina, solo per citarne alcuni. Eppure, tra un’esibizione con gli Arditti e la frenetica attività con il quartetto Prometeo (del quale è stato uno dei fondatori), non ha smesso di guardare “in basso”, nella strada polverosa dei compositori da scoprire, far conoscere e chissenefrega della griffe. Oggi è quindi considerato violoncellista di riferimento per moltissimi autori, ma anche sapiente e innovatore interprete della cultura dei nostri tempi, quella che riesce a tenere insieme con grande valore John Zorn e Schubert, e lui è impeccabile in entrambi i casi. Francesco Dillon, in occasione del concerto di questa sera organizzato da Milano Musica, suonerà di Helmut Lachenmann il Notturno (Music für Julia) per piccola orchestra con violoncello solo, e di Luca Francesconi UNexpected end of a formula, con elettronica ed ensemble, in prima italiana. Abbiamo chiesto a Dillon di parlarci del suo approccio alla musica di Lachenmann.
Lachenmann spiega che il “Notturno” appartiene ad una categoria “a parte” della sua produzione, perché è stata scritta in due momenti differenti. Il ruolo dell’interprete è quello di creare un ponte tra due estetiche, una più astratta e l’altra concreta. Un lavoro che sembrerebbe particolarmente impegnativo per il solista. È così?
Sicuramente.. si tratta di un pezzo che esplora lo strumento in modo davvero completo. Si comincia in tessiture post seriali , con azioni molto “nervose” e frammentarie e dopo poco minuti si “incontra” una “cadenza” del solo cello puramente rumoristica,ma rigorosissima…ecco che il solista si trova ad affrontare problematiche strumentali davvero varie e lontanissime da una battuta all’altra, dovendo cambiare attitudine verso lo strumento continuamente!
È la prima volta che interpreti questa composizione?
Si! e speriamo non l’ultima …è un lavoro talmente ricco di dettagli, di suoni, di tecniche strumentali, che si ha la sensazione di scoprire un mondo sonoro nuovo..ho voglia di continuare ad esplorarlo!
La poetica di Lachenmann è una delle grandi rivoluzioni sonore e di pensiero musicale della seconda metà del Novecento. Da interprete che ha lavorato a stretto contatto con grandi compositori ma anche molto attento alla cultura compositiva underground, pensi che questa poetica troverà una sua strada autonoma, che l’ha già trovata o che si chiuderà con Lachenmann?
Domanda interessante..sicuramente ha già segnato un grandissimo numero di compositori attualmente in attività….
si tratta talvolta di lavori interessanti, talaltra, purtroppo, di una “accademizzazione” di gesti e sperimentazioni che in Lachenmann hanno sempre una portata, come dici radicalmente innovativa e poetica. Naturalmente per continuare questa strada ci vogliono musicisti con una personalità altrettanto “spiccata”. Interessante è il caso del pezzo di Francesconi (“UNexpected end of a formula”) che suonerò stasera. Dedicato a Helmut, il brano prende spunto esplicitamente da elementi lachenmaniani presenti anche in Notturno e parte quasi dalle stesse “situazioni”…ma nel suo svolgimento si stravolge e trasforma gradualmente il violoncello in una chitarra elettrica, grazie all’ingresso massiccio dell’elettronica. Un modo di riflettere e riferirsi ad un’estetica sicuramente fantasioso e personale .
Simeone Pozzini