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In collaborazione con Radio Classica
Intervista a Sir John Eliot Gardiner, che dirigerà questa sera al Teatro Comunale la Mahler Chamber Orchestra ed il Monteverdi Choir. Il programma è tutto su Schumann, con una inedita versione del Manfred
di Luca Ciammarughi
Ascolta l’audio dell’intervista
Iniziamo parlando del concerto di questa sera con la Mahler Chamber Orchestra. È la prima volta che dirige questa orchestra, quali caratteristiche ha trovato nel suono e nel tipo di atteggiamento interpretativo durante le prove?
«Li ho trovati molto flessibili, attenti, veloci ed aperti a rispondere. Hanno una buona preparazione tecnica individuale ed anche collettiva. Sono molto aperti a nuove idee e desiderosi di metterle in pratica ed ho trovato la loro predisposizione al lavoro molto positiva. È stato un piacere».
Oggi le barriere tra le interpretazioni storicamente informate e su strumenti moderni sono quasi cadute. Quando Lei dirige un’orchestra moderna, come la Mahler, chiede ai musicisti comunque di ricercare una sonorità d’epoca?
«È abbastanza complicato rispondere, perché quando Lei mi chiede se si tratta di fare una replica di un’orchestra di strumenti dell’epoca con un’orchestra di strumenti moderni, le rispondo che non è assolutamente il mio obiettivo. Il mio obiettivo è portare la mia esperienza personale nell’aver lavorato con musicisti informati storicamente sugli strumenti musicali dell’epoca in ogni lavoro che ho fatto, con moderne orchestre sinfoniche o moderne orchestre da camera: questo è il punto e l’idea. Ma allo stesso modo, se non è esercizio archeologico o filologico, lo è dal punto di vista della praticità: mi piace usare le qualità individuali e le caratteristiche sonore di una moderna orchestra da camera fino ai migliori vantaggi. E’ una questione di bilanciamento tra quello che loro portano e quello che io porto».
I critici, a volte anche i musicisti, hanno spesso detto che l’orchestrazione delle sinfonie di Schumann aveva dei difetti. È possibile che questo fosse un errore di prospettiva legato ad un suono sbagliato in certe interpretazioni del Novecento?
«È un completo nonsense. Schumann aveva un’ orchestrazione brillante, in particolare nella prima parte della sua carriera, fino a quando si trasferì a Düsseldorf nel 1850. Nelle sue prime sinfonie, la Sinfonia n.1 “Primavera” e la “Sinfonia in re minore”, che è chiamata quarta ma in effetti è la seconda (nella prima versione, quella eseguita nel 1841), l’orchestrazione è meravigliosamente trasparente e molto chiara nel suo delineare le diverse direzioni. Si potrebbe dire che queste Sinfonie mostrino l’influenza di Mendelssohn su Schumann, e d’altra parte Schumann deve una grossa ricompensa a Mendelssohn per il fatto che a lui si ispirò per la prima sinfonia. Sfortunatamente (mi sembra che lui fosse a Berlino quando ciò accadde) alla première della quarta sinfonia, nel 1841, l’orchestrazione non ebbe così tanto successo rispetto all’anno precedente. Ciononostante, trovo la prima versione della Sinfonia in re minore un miracolo di trasparenza e di caleidoscopici colori brillantemente realizzati da Schumann».
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Oltre alla Quarta Sinfonia, al Requiem für Mignon e al Nachtlied il programma di stasera prevede una riduzione del Manfred, una versione abbreviata rispetto a quella originale di Byron. Ci racconti come si è svolto questo lavoro di adattamento per il pubblico svolto insieme al violoncellista Philipp von Steinäcker e all’attore Gert Voss, che farà da voce recitante.
«Beh, fra questi pezzi, “Manfred”, che non avevo mai sentito dal vivo in concerto, sebbene avessi sentito l’ouverture moltissime volte, è proprio un brano strano, tra il melodramma, il dialogo parlato, fantastici piccoli frammenti di interventi d’orchestra, bellissimi cori: ha bisogno di uno speciale approccio. Io credo che ci voglia qualcuno come Gert Voss, che è un brillante attore tedesco, per dare vita alla pièce, e per mostrare le connessioni tra Schumann e la sua psicologia, e tra quella di Byron e quella di un personaggio che è quasi mentalmente disturbato, a suo modo…quasi come Amleto. E questo arriva così magnificamente nella musica e nel testo della poesia di Byron».
Entrare in profondità, approfondire il testo di Byron, ha cambiato anche il Suo modo di interpretare la musica di Schumann?
«Sì penso di sì, penso che la poesia di Byron (se si può chiamare poesia) sia più un brano di prosa poetica, una sorte di dramma a monologo, tutto nel suo genere, e poi tradotto stupendamente da Schumann in musica, perché Schumann crea tutti i personaggi della vivace immaginazione di Byron, sua sorella, l’amante, il dialogo con l’abate alla fine, sul punto di morte, e con lo spirito: tutti scaturiscono dall’immaginazione di Byron e questo è ciò a cui Schumann risponde perfettamente. Dal punto di vista musicale ciò emerge molto di più che leggendo semplicemente solo il poema».
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Il PROGRAMMA
Robert Schumann. Requiem für Mignon op. 98b, Sinfonia n. 4 op. 120 in re minore, Nachtlied op. 108, Manfred op. 115. Direttore Sir John Eliot Gardiner, Coro The Monteverdi Choir, Voce Recitante Gert Voss. Teatro Comunale di Ferrara, ore 20,30. La Mahler Chamber Orchestra sta per intraprendere una lunga tournée con Sir John Eliot Gardiner e il Monteverdi Choir. Inizierà a Ferrara, residenza della MCO, per proseguire nelle Isole Canarie a Santa Cruz de Tenerife e Las Palmas, per il Festival de Musica de Canarias. Seguiranno Barcellona e Madrid. Il brano centrale del programma sarà la musica di scena del Manfred di Schumann, su testo di Lord Byron. Gert Voss, il grande attore tedesco e star del Burgtheater di Vienna, sarà la voce recitante. Insieme a Gardiner e Voss, il violoncellista della MCO, Philipp von Steinäcker, che in questo progetto è assistente di Gardiner, ha creato una versione ridotta del testo, appositamente per questo tour, poiché il testo originale, della durata di quasi due ore, sarebbe stato troppo lungo per la forma di concerto. Il testo viene elaborato in modo da sostenere ed intensificare la tecnica di Byron, volta ad illuminare i vari aspetti del personaggio Manfred, attraverso una serie di incontri con altri personaggi. Nella nuova versione, solamente due personaggi sono presenti in ogni scena, Manfred ed un altro, entrambi interpretati da Gert Voss. Con il Monteverdi Choir, che dirige da quasi cinquant’anni, Gardiner ha aperto nuove strade per l’interpretazione del repertorio per coro e orchestra.
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Il Requiem für Mignon, invece, è legato al personaggio di Mignon nel Wilhelm Meister di Goethe, una figura tragica, una figura androgina il cui canto incarna tutta la Sehnsucht dell’anima tedesca. Schumann ha scritto anche molti Lieder intorno alla figura di Mignon. Che significato ha questo Requiem?
«La cosa interessante qui è che, nel Wilhelm Meister di Goethe, non esiste un simile Requiem, nel senso latino di messa, “Requiem in aeternum dona eis requiem” che porta ad un brano quasi religioso, laddove in Goethe è totalmente fuori dal contesto liturgico…Ancora, è questione di trovare da parte di Schumann un partner letterario, in questo caso Goethe, con cui può entrare in empatia, ed usare la sua musica per arrivare ad un differente livello…intendo che Schumann in tutti questi pezzi abbia inteso rendere la sua musica tanto intelligibile e comprensibile all’ascoltatore, quanto a chi stesse leggendo un poema o un brano di prosa».
Tornando invece all’interpretazione di Schumann con un’orchestra moderna, la sua interpretazione con l’orchestra “Révolutionnaire et Romantique” ha influenzato sicuramente molte interpretazioni moderne. Lei invece è stato influenzato da qualche grande direttore del passato nella Sua lettura di Schumann?
«Sa, è abbastanza imbrazzante dirlo, ma non la chiamerei influenza, perché per quanto i primi interpreti di Schumann abbiano escluso la riorchestrazione in Schumann, io non penso che ciò sia necessario…e sebbene qualcuno come Leonard Bernstein disse “oh, sai, Schumann suonò i vibrati come scritto”, effettivamente cambiò orchestrazione nella seconda sinfonia: ne ebbi testimonianza (lo scoprii) quando ero studente a Parigi…e penso che troppi direttori delle prime generazioni fossero sostanzialmente influenzati dalla sonorità wagneriana quando si trattasse di interpretare Schumann, che per me è cosa estranea a lui, significa dargli una densa e spessa orchestrazione ed è così estranea alla sua personalità e all’immagine del suono che penso Schumann avesse…e sebbene io sia molto felice di suonare Schumann con un’orchestra moderna ora, l’impronta del mio lavoro con la “Révolutionnaire et Romantique” è ancora molto presente nella mia memoria e nella mia immaginazione».
Lei è uno dei massimi esperti al mondo nell’interpretazione di Johann Sebastian Bach. Anche nella musica che ascolteremo questa sera la presenza di Bach è sottesa nell’immaginazione musicale di Robert Schumann?
«Vede, Schumann è uno dei tanti compositori del XIX secolo che fu, in un certo modo, rieducato dallo studio di Bach, e penso che in Schumann fosse ben più che rieducazione: forse una questione di stabilità mentale rinforzata dall’amore per la musica di Johann Sebastian Bach. Nella quarta sinfonia potete sentire il contrappunto e la padronanza del contrappunto bachiano, in un modo positivamente e stupendamente articolato, ma tutto è infuso di uno stato di romanticismo…e puoi sentire la stessa cosa in Requiem für Mignon, in Nachtlied, nella musica di Manfred: è una presenza dominante nel sottofondo».
Lei gestisce una fattoria, nella natura, in Inghilterra. Oggi che la vita dei musicisti è così frenetica, quanto è importante il contatto con la natura?
«È una cosa importantissima per me. Devi chiedere singolarmente ai musicisti quale importanza ha il posto in cui vivono e ottieni diverse risposte; dal mio punto di visto è un ottimo contrappeso alla vita frenetica del musicista moderno e non lo scambierei per nulla al mondo».
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