Contemporanea • Narrare diverse storie, tra mito, fiaba e racconti onirici: questo il senso del programma presentato al Konzerthaus e diretto dal compositore viennese
di Barbara Babic
[IL] concerto si è aperto con Northwind Pictures (2011), opera di Heinz Karl Gruber (in arte HK Gruber) e dal poeta Hans Carl Artmann inizialmente concepita come Kinderoper, tratta dal racconto di Italo Calvino Il regalo del vento tramontano ed eseguita in quest’occasione nella forma di poema sinfonico. È una pagina che procede per grandi contrasti e per grandi volumi in cui a una liricità più distesa, data dall’emergere degli strumenti solisti in dialogo, si alternano momenti descrittivi (supportati da una notevole presenza dello strumentario percussivo) e scenari dall’afflato intenso e tragico, che sfociano in una sorta di apocalisse finale. La combinazione di varie tecniche compositive è la cifra stilistica fondamentale di Gruber, che affianca e sovrappone procedimenti seriali a quelli tonali a reminiscenze motiviche antiche, con la volontà di sfuggire alle etichette spesso ascritte alla sua musica: «neoromantica, neotonale, neoespressionista, neoviennese».
Gruber lascia poi la parola al compositore Kurt Schwertsik, amico e collega di una vita, con cui – assieme a Zykan nel 1966, in reazione all’avanguardia degli anni Cinquanta e Sessanta a cui si erano avvicinati – aveva fondato l’ensemble «MOBart & toneART» con lo scopo di comporre ed eseguire «musica dall’immediata comprensione». Le cinque Nachtmusiken op. 104 (2009) di Schwertsik furono presentate per la prima volta nel 2010 a Manchester in occasione del Festival Mahler della BBC sotto la direzione di Gianandrea Noseda. Janáček ist mir im Traum erschienen (Janáček mi è apparso in sogno) inizia con una pacata atmosfera notturna, in cui risuonano sonorità tipiche del compositore ceco: anche i tre colpi di timpani alla fine del brano, che sembrano un brusco risveglio da questo sogno descritto musicalmente, si richiamano ai rintocchi dell’opera janacekiana Jenufa. Con la stessa atmosfera sognante prosegue poi la Ninnananna (Wiegenlied), un ballabile valzer per fisarmonica e orchestra che pare un intimo omaggio del compositore alla sua città natale. Suggestivo è il commiato dedicato a David Drew, impresario ed editore, che aveva promosso e sostenuto la (loro) «terza scuola viennese» a cui segue una marcia «in furiosa rabbia» che assume invece quasi un tono beffardo più che marcistico, che vede Šostakovič il modello compositivo di riferimento. L’opera termina con Flucht (Fuga) che utilizza proprio gli stilemi dello stile fugato in una semplice melodia dagli interessanti accostamenti timbrici, che nell’evolversi del discorso musicale diventa quasi una rincorsa, in cui alla fine le voci si incontrano in una una scherzosa chiusa pizzicata degli archi.
L’opera-oratorio Oedipus rex (1927) di Igor Stravinskij – su testo di Stravinskij stesso e Jean Cocteau, tradotta poi in latino da Jean Daniélou – è protagonista invece della seconda parte del concerto. Nella forma ibrida e inusuale dell’opera-oratorio, ci si trova davanti ad un teatro volutamente anti-rappresentativo, calato in una dimensione sovratemporale tipica del mito, in cui i personaggi si limitano (tranne il narratore che introduce gli episodi) alla mera esposizione della vicenda, ben lontani dal voler narrare un dramma intimamente vissuto. La funzione centrale del coro maschile, divisa tra la lapidaria narrazione dei fatti e il ruolo di amplificazione drammatica, è perfettamente interpretata dal Chorus Viennensis (sotto la guida del giovane Lorenzo Viotti), che come il resto del cast segue fedelmente le indicazioni stravinskiane sulla pronuncia “restituita” del latino classico (“facinus” → “fàkinus”). Il tenore Ian Bostridge, raffinato liederista dalla solida tecnica canora, è perfettamente calato nel ruolo di Edipo come anti-eroe tragico, come del resto lo è la drammatica Giocasta della mezzosoprano Angelika Kirchschlager, dalla vocalità chiara e accurata. Notevoli anche il debutto del baritono Darren Jeffery (Creone) e le prove del basso Matthew Best (Tiresia), del messaggero di Neal Davies e soprattutto del tenore Thimothy Robinson (Pastore).
Solo una nota dolente in questa ottima e appassionata interpretazione dell’opera di Stravinskij, premiata da un lungo applauso del pubblico viennese: nell’enfasi del tutto HK Gruber, impegnato qui nel ruolo di narratore e di direttore, non è riuscito a calibrare bene gli equilibri tra orchestra e cantanti, tanto che a causa di volumi sempre eccessivi, le voci erano purtroppo difficilmente udibili, sovrastate dalla massa orchestrale – eccellente – della BBC Philharmonic.
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