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LA BIENNALE DI VENEZIA ha assegnato al compositore franco-greco Georges Aperghis il Leone d’oro alla carriera nel Settore Musica. Le opere del compositore sono state eseguite alla Biennale fin dal 1972, anno in cui presentò Ascoltare stanca. Ivan Fedele, direttore del Settore Musica, così si esprime sulla scelta del premio: «Rinnova radicalmente la pratica musicale integrandola con tutti gli ingredienti vocali, strumentali, gestuali e scenici trattati in maniera identica e traslati dall’uno all’altro contesto. Emblematiche, da questo punto di vista, sono le pièces teatrali Récitations e Machinations, che si fondano su di un linguaggio immaginario fatto di combinazioni virtuosistiche di fonemi in una scrittura veloce che si sviluppa attraverso processi di ripetizione e accumulazione. Questa scrittura rivela la coscienza profonda che Aperghis ha della funzione sociale dell’arte, della sua destinazione ad un pubblico che vi possa trovare elementi efficaci per ricostruirne la forma e coglierne la poetica attraverso i meccanismi della memoria. I suoi lavori sollecitano la partecipazione creativa degli interpreti che si trovano ad inventare un linguaggio immaginario ambiguo e spesso divertente che evoca l’origine della lingua in un furore enunciativo che precede il “senso”».
Gli altri Leoni d’oro sono stati conferiti alla danzatrice e coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker per il Settore Danza, al regista svizzero Christoph Marthaler per Settore Teatro.
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[su_column size=”2/5″] Georges Aperghis (Atene, 1945) vive e lavora a Parigi dal 1963. Dopo i primi lavori di teatro musicale da camera (La tragique histoire du nécromancien Hiéromino et de son miroir, 1971) e non (Pandæmonium da Diderot, 1973; Histoire de loups da Freud, 1976), che lo impongono all’attenzione di pubblico e critica, fonda nel 1976 a Bagnolet l’Atelier Théâtre et Musique (ATEM), con cui hanno collaborato musicisti come Jean-Pierre Drouet e attori come Michael Lonsdale. Da allora, la sua produzione si è articolata in tre filoni fondamentali: quello del teatro musicale, dove tutti gli elementi (vocali, strumentali, gestuali, scenici) sono trattati sullo stesso piano e contribuiscono autonomamente alla drammaturgia. Dal ’76 (La bouteille à la mer) al ’97, anno del suo abbandono dell’ATEM, si contano più di 20 spettacoli di questo tipo (Conversation, 1985; Enumérations, 1988; H, 1992; Sextour, 1993 etc.), proseguiti dopo il ’97 con formule ancor più versatili (Paysage sous surveillance, 2002, su testo di Heiner Müller). Nel secondo filone confluiscono i lavori vocali e/o strumentali che spesso introducono aspetti teatrali, a volte semplicemente gestuali, nel tessuto del brano, senza aspirare però necessariamente a una dimensione scenica, ma definendo tutto attraverso la scrittura; tale dominio, abbandonato quasi totalmente negli anni ’80, è tornato in auge nel decennio successivo, fino all’ampio oratorio Die Hamletmaschine (2001, ancora da Heiner Müller). L’opera, ovvero il terzo filone, può essere considerata una sintesi dei primi due, poiché l’elemento con-federatore è determinante e la componente vocale il vettore principale dell’espressione. Fra le opere realizzate: Jacques le fataliste (1974, da Diderot), Je vous dis quee je suis mort (1978, da Poe), Tristes tropiques (1996, da Levi-Strauss), Avis de tempête, libretto dell’autore e di P. Szendy, prima assoluta all’Opéra di Lille nel 2004. Nel 2010 ha realizzato le musiche e la regìa di Tourbillons d’Olivier Cadiot per il Théâtre du Rond-Point. Suoi lavori vocali (il ciclo delle Récitations) e strumentali sono incisi su Cd Montaigne. [/su_column]
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