Un breve incontro con il baritono durante la sua partecipazione appena trascorsa all’Opera di Firenze
di Michele Manzotti
«LE DICO UNA COSA MOLTO STRANA per un cantante. Secondo me Falstaff ha una parte strumentale bellissima da ascoltare anche senza le voci. Anzi talmente bella che queste possono apparire superflue». L’ultima opera di Giuseppe Verdi è vista così da un baritono. Roberto De Candia però parla con cognizione di causa, perché nel recente allestimento all’Opera di Firenze ha impersonato Falstaff e Ford. Ovviamente a seconda della recita. Un compito affascinante e difficile nel dare vita a due personaggi completamente diversi, ma superato a pieni voti sotto la direzione di Zubin Mehta, mentre la regìa era quella firmata da Luca Ronconi, scomparso lo scorso 21 febbraio, già presentata al Teatro Petruzzelli di Bari e ripresa da Marina Bianchi.
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La prima domanda le sembrerà banale, ma come è venuto fuori questo doppio ruolo?
«Lo so che pare un’impresa folle , ma tutto è nato da un colloquio con il maestro Mehta al quale dissi che avevo Falstaff in repertorio. Poi il titolo è stato inserito nella programmazione dell’Opera di Firenze e per la parte del protagonista era stato scelto colui che oggi è il Falstaff per eccellenza, ovvero Ambrogio Maestri. Solo che per alcune date era già impegnato quindi sono stato scelto io al suo posto, nonostante fossi già inserito nel cast come Ford».
Come ha affrontato questa sfida?
«Ho dovuto superare alcune difficoltà durante le prove. A volte nello stesso giorno ho dovuto essere Falstaff e Ford con un grande sforzo da un punto di vista mnemonico. Specialmente nel duetto del secondo atto o nella fuga finale in cui era necessario tenere distinte in testa due linee musicali differenti».
Ci può raccontare i suoi due personaggi?
«Innanzitutto Falstaff non appare mai ridicolo. Quando si fa bello per fare la corte alla moglie di Ford si veste con l’unico abito buono che gli è rimasto, giacca e cravatta. Anche se oggetto della burla finale, in pratica risulta vincitore perché ’l’arguzia mia – spiega – crea l’arguzia degli altri’. Ford invece è una persona concreta, che pensa solo al lavoro. Non per niente la moglie Alice non resta insensibile alla corte di Falstaff. Questo fino a che non intervengono Meg e Quickly».
Il gruppo delle “Allegre comari di Windsor” come le chiamò Shakespeare…
«Devo sottolineare che è evidenziata una bella dose di cattiveria in queste donne. Nel primo atto. mentre parlano tra di loro, spennano le oche in modo plateale, quasi a preannunciare il trattamento riservato a Falstaff».
La regìa di Luca Ronconi quanto e come ha evidenziato i caratteri?
«Ho avuto la grande fortuna di poter lavorare un mese con Ronconi durante l’allestimento al Petruzzelli di Bari. La sua visione di Falstaff non è quella di uno spettacolo buffo in quanto tale, come ho accennato in precedenza parlando del protagonista. Una visione che comprende anche personaggi come Bardolfo e Pistola, il cui odio per Falstaff è evidente nonostante che siano al suo servizio. Senza insistere sugli elementi grotteschi o sulle macchiette, la commedia in sintesi è venuta fuori da sola».
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