di Redazione

Artemis_Quartett COVERL’Artemis è uno dei quartetti più in auge dei nostri tempi, acclamato in particolare per le esecuzioni degli autori tedeschi e delle scuole viennesi. L’ultimo loro album, pubblicato dalla Erato, riguarda Brahms, con l’incisione del primo quartetto op. 51 n. 1, ed il terzo, op. 67. I tre quartetti di Brahms costituiscono un caposaldo della letteratura cameristica, e nascono dopo una lunga serie di ripensamenti, dovuti soprattutto ad un timore che egli aveva nei confronti di quello che da sempre viene considerato l’ensemble cameristico per eccellenza; ciò viene giustificato dal fatto che Brahms, mai soddisfatto dei suoi esperimenti, aveva distrutto più di venti quartetti scritti in periodi precedenti. Solo nel 1873 viene pubblicata l’op. 51.

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I due quartetti op. 51 (soprannominati “quartetti minori” per le loro tonalità malinconiche) vengono composti in un periodo per lui drammatico: nel 1869, a seguito del matrimonio di Julie Schumann, di cui si era innamorato, non meno di quanto avvenne per la madre Clara, egli scrive una serie di opere pervase da un pessimismo quasi esasperante. Di questo periodo fanno parte, oltre che i due ”quartetti minori”, la celebre “Rapsodia per contralto” e il quartetto con pianoforte op. 60, tra le pagine più disperate dell’intero corpus brahmsiano. Il terzo ed ultimo quartetto viene denominato “quartetto viennese”, perché il suo carattere disteso e gioioso sembra derivi dal clima sereno che Brahms stava trascorrendo a Vienna nel 1875.

L’approccio dell’Artemis al testo brahmsiano è molto analitico, ne esce così una lettura precisa, fatta da stacchi di tempo ragionati e un ottimo equilibrio sonoro. L’uso sapiente del vibrato, che varia di intensità a seconda della tensione musicale, fornisce all’ascolto una visione lucida della partitura, che si distanzia dalle storiche (e un po’ leggendarie) visioni di un Brahms sofferto e ansimante.

Le frasi sono molto pulite, l’intonazione pressoché impeccabile, ma la rotondità non sempre soddisfa la scrittura varia e complessa di Brahms. Così, mentre le parti morbide e cantabili vengono rese splendidamente (soprattutto i due movimenti lenti, e i sotto voce presenti nello sviluppo del primo tempo del “viennese”, eseguiti con lodevole compattezza), le parti più energiche non hanno sempre il pathos necessario per avvolgere del tutto l’ascoltatore. Le parti in rilievo sono rese molto bene (in particolare quella della viola di Friedemann Weigle, nel terzo tempo “Agitato” del terzo quartetto in si bemolle), ma forse una maggior presenza del primo violino Vineta Sareika, in certi punti, avrebbe portato ad un’incisione cristallina ed apollinea quel pizzico di Dioniso che in Brahms non manca mai.

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Pubblicato il 2015-10-25 Scritto da StefanoCascioli

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