L’Orchestra sinfonica nazionale della Rai diretta da Ryan McAdams all’Auditorium Toscanini. Il concerto in visione su Rai5 il 23 aprile alle 21.15
di Attilio Piovano
UNA VERA RARITÀ i Pêcheurs de perles, opera fascinosa ed elegantissima, frutto di un Bizet appena ventiquattrenne, per la stagione dell’OSNRai, a Torino, Auditorium Toscanini, le sere di giovedì 12 e venerdì 13 marzo 2015 (con diretta radiofonica per la replica di venerdì, della quale riferiamo, e ripresa televisiva: verrà trasmessa su Rai5 il 23 aprile alle 21,15. Era stata eseguita solamente nel maggio del 1932 quando l’emittente di stato si chiamava ancora Eiar, direttore Arrigo Pedrollo).
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Sul podio Ryan McAdams, gradito ritorno, che ha diretto con finezza di tratto, cesellando con estrema cura la bella partitura, potendo contare sull’apporto determinante del coro del Teatro Regio di Parma (maestro del coro Martino Faggiani). Ottima la prova dell’orchestra, in gran forma in tutte le sue sezioni e altresì superba la performance del coro nei suoi molti e per lo più icastici interventi, spesso innervati di ritmi pimpanti. Il cast vocale: bene il baritono Vincenzo Taormina (subentrato la sera del venerdì all’indisposto Luca Grassi, ed è stata una vera fortuna che fosse a Torino in quei giorni, impegnato nel secondo cast del Turco in Italia, dacché Pêcheurs non è certo opera che chiunque abbia in repertorio). Sicché in pratica non ha fatto prove e se l’è cavata egregiamente, pur in presenza di qualche piccola incertezza, assai apprezzato nel dar corpo col giusto entusiasmo alla figura di Zurga capo dei pescatori che ha amato Leila in gioventù ed è legato da un rapporto di amicizia e gelosia al giovane Nadir (innamorato della stessa Leila). Nel ruolo di Nadir il tenore Paolo Fanale è parso discretamente a posto (in una parte a dir poco impervia, applaudito nella celebre Je crois entendre encore), ammirata soprattutto la voce di Rosa Feola dalle variegate sfumature e dal bel timbro: molta eleganza e capacità di approfondimento psicologico. E peccato davvero che la Rai non abbia né messo a disposizione il libretto (omettendolo nel programma di sala, grave mancanza, è pur vero che il libretto viene considerato non a torto piuttosto scadente, pur tuttavia si tratta di opera poco nota ai più) né predisposto sottotitoli (e lo si sarebbe potuto benissimo fare, anziché proporre immagini ‘esotiche’ abbastanza scipite e scontate dell’epoca dei romanzi salgariani, stile figurine Liebig).
Molti i momenti emozionanti, sia nelle parti solistiche (Rosa Feola ha colto un successo vivissimo in Comme autrefois dans la nuit), sia nei duetti (Au fond du temple sainte che vede appaiati gli amici e pur rivali Nadir e Zurga), più ancora nei momenti di accensione drammatica in cui l’orchestra si va ibridando di mille colori timbrici, prima dello scioglimento della vicenda con la magnanima generosità del più anziano Zurga; apprezzato poi anche il basso Luca Tittoto nella parte di Nourabad, gran sacerdote di Brahma. Un’opera in complesso eccellente e coinvolgente che alterna momenti intimistici ed altri assai turgidi, appena qualche lungaggine e poche, perdonabilissime ingenuità, di fatto piena di raffinatezze e di ‘anticipi’ rispetto a Carmen (nelle parti corali, soprattutto), dal sommesso preludio i cui temi più volte ritornano nell’opera con tecnica wagneriana, giù giù sino al conclusivo e catartico incendio del villaggio. E dire che Bizet – val la pena di rimarcarlo – quando la compose non aveva ancora compiuto venticinque anni. Chapeau.
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