Pochi sanno che l’Università degli Studi di Milano possiede un’orchestra, e con tutte le carte in regola per competere con le più prestigiose formazioni giovanili italiane ed internazionali.
L’Orchestra è davvero giovane (è nata nel 1999) e fatta di giovani, appassionati professionisti. Dall’anno della sua costituzione propone stagioni concertistiche di grande interesse, i cui protagonisti sono sempre più spesso direttori e solisti di riconosciuto valore internazionale (hanno, infatti, collaborato Enrico Dindo, Mario Brunello, Vadim Repin ecc.). Il lavoro costante sotto la guida di Alessandro Crudele e dei molti direttori ospiti ha permesso di raggiungere un alto livello di qualità esecutiva ed interpretativa, che meriterebbe una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e del pubblico nel seppure saturo panorama musicale milanese.
La stagione di quest’anno, che, con formula ormai consolidata, ha visto alternarsi concerti da camera e sinfonici, volge al termine e chiude con due appuntamenti di notevole interesse, l’uno per l’audacia nella scelta del programma (Poulenc e Vořišek), l’altro per difficoltà interpretativa (Rota, Mahler e Shostakovic).
L’ultimo concerto sinfonico, ascoltato questo martedì, ha proposto due rarità: la Sinfonietta di Francis Poulenc e la Sinfonia in re maggiore op. 24 del boemo Jan Václav Vořišek.
Due lavori davvero sorprendenti anche per la novità dell’ascolto proposto, su cui vale la pena di spendere qualche parola.
Curiosa la vicenda della Sinfonietta. Il materiale originale proviene da un lavoro di Poulenc composto per quartetto d’archi nel 1946 che non aveva soddisfatto l’autore, il quale volle disfarsene gettando la partitura nelle fogne di Parigi. Quindi, venne dalla BBC una nuova commissione, che avrebbe dovuto celebrare il decennale del Terzo Canale. In questo modo Poulenc trovò lo spazio adeguato per ricollocare parte del materiale pensato per il precedente “infognato” quartetto e portare a compimento la scrittura della Sinfonietta, poi eseguita dalla BBC Philarmonic Orchestra nell’ottobre 1948.
Sotto la direzione vivace di Charles Olivieri-Munroe (canadese di Toronto ma Ceco d’adozione, attualmente guida molto apprezzata alla testa della Czech Philarmonic e gradito ritorno per l’orchestra, che lo ebbe ospite già due stagioni orsono) il suono è brillante, pieno e l’interpretazione coglie bene il carattere ironico della composizione, divisa tra due mondi sonori contrastanti: l’uno idealmente ispirato a Mozart e Beethoven, l’altro fortemente ancorato al presente contemporaneo, che si rivela in certe combinazioni timbriche, melodico-armoniche dei fiati di sicuro riferimento jazzistico.
Merita una menzione particolare, appunto, la sezione dei fiati: dolcissimo l’oboe d’esordio, clarinetto vellutato, corno, tromba, fagotto e flauti ottimi nell’insieme, perfettamente espressivi nei passi solistici.
Divertente e godibilissima.
Curiosa attrazione della serata è Vořišek e la sua Sinfonia in re maggiore, un unicum del genere nel repertorio dell’autore boemo, morto giovanissimo di tubercolosi soltanto due anni dopo il compimento dell’op. 24 (1823). La lezione dei classici, che Vořišek dimostra d’aver recepito benissimo (anche se la storiografia musicale lo addita quale precursore della scuola nazionale ceca), è il filo rosso che unisce le due opere in programma.
Tutta la Sinfonia è permeata dallo spirito viennese: la vivezza di certi temi (Primo e quarto movimento) ricorda il Mozart più luminoso; beethoveniane le escursioni dinamiche e le tinte cupe del secondo tempo Andante (bellissimo il tema mesto esposto dai violoncelli in apertura) come il sapore dell’intero terzo movimento (Scherzo. Allegro ma non troppo).
L’orchestra si comporta ottimamente nel ricreare lo spirito del tempo: davvero eccellenti gli archi nelle figurazioni più maestose del Finale come nei momenti più dolorosamente intimi dell’Andante. Il suono è chiaro e senza sbavature, mai retorico, sempre schietto, voluminoso e avvolgente dove la partitura lo richiede.
Nonostante la giovane età di quasi tutti gli esecutori, la ricchezza espressiva dimostrata appare rimarchevole; ciò che va a tutto vantaggio di una prova nel complesso molto ben riuscita (ancora una volta, vorrei dire) per una orchestra dalle grandi potenzialità, che nel silenzio della costanza trova la sua forza e la ragione dell’apprezzamento di un pubblico speriamo sempre più numeroso.
Orchestra dell’Università degli Studi di Milano
Charles Olivieri-Munroe, direttore
Sinfonietta di Francis Poulenc
Sinfonia in re maggiore op. 24 di Jan Václav Vořišek.