Recensione • La pianista è stata recentemente insignita del secondo premio al Concorso Van Cliburn. L’abbiamo ascoltata alla Società dei Concerti di Milano con il “Terzo” di Beethoven
di Luca Chierici
IL ritorno in Italia della ventenne Beatrice Rana, vincitrice del secondo premio (o meglio della “Silver Medal”) all’ambitissimo Concorso di Dallas intitolato a Van Cliburn, è stato festeggiato l’altra sera dalla Società dei Concerti di Milano con una bella esecuzione del terzo Concerto di Beethoven, dove la pianista era coadiuvata dall’Orchestra Sinfonica di Norimberga diretta da Alexander Shelley.
Ascoltare e riferire di una pianista appena reduce da una sequenza massacrante di prove, ancora in preda al jet lag, non è sicuramente un compito facile e per questo motivo ci riserviamo una più meditata recensione in seguito al recital che Beatrice terrà, sempre in Conservatorio il prossimo dicembre. Ma sarebbe ingiusto non accogliere oggi con orgoglio questo esempio di grande professionalità, di eccellenza formativa, che contribuisce a mantenere alto il livello della presenza italiana nei concorsi internazionali, all’interno di un ambito sempre più concorrenziale dove i solisti dell’estremo Oriente e i fuoriclasse della scuola russa hanno in media la meglio. Non vogliamo entrare qui nella discussione relativa ai concorsi in generale, ai criteri che sono alla base di verdetti spesso discutibili, soprattutto nel caso di tenzoni così famose come il Cliburn o lo Chopin di Varsavia: siamo comunque certi che il valore di un giovane musicista possa essere riconosciuto nel tempo anche a prescindere dalla sua classificazione all’interno di questa o quella competizione, cosa che è stata dimostrata molte volte negli anni passati.
Grazie alla documentazione online in tempo reale che ci permette oggi di vedere e ascoltare quasi tutto quello che succede attorno a noi, non è difficile documentarsi sulle prove che Beatrice Rana ha affrontato con successo al Van Cliburn, e l’ascolto di precedenti esecuzioni registrate al concorso di Montreal del 2011 (dove Beatrice ottenne il primo premio) ci illumina sul rapidissimo cammino di maturazione che la pianista ha sperimentato negli ultimi due anni, un percorso che molto probabilmente avrà un seguito e la porterà ad approfondire ulteriormente aspetti interpretativi e linee di impostazione del repertorio. L’impressione generale che si ha ascoltando la Rana, come del resto tutti i finalisti del Cliburn, è quella di trovarsi di fronte a bolidi potentissimi che hanno bisogno di una guida esperta per tenere sotto controllo una potenza esorbitante di mezzi tecnici: in alcuni casi si tratta di frenare gli impulsi, in altri di controllarli a dovere e più in generale di saper scegliere “dove andare” nell’immenso territorio della letteratura musicale e della sua interpretazione.
Beatrice Rana ci sembra oggi possedere notevolissime qualità espresse ancora avendo ben presenti quali siano i requisiti previsti da un grande concorso internazionale, ossia una attenzione fin troppo vigile rivolta a soddisfare mille aspetti a volte in contraddizione tra loro. La grande carriera permetterà a Beatrice di esprimersi nella maniera a lei più congeniale: siamo certi che ella saprà sfruttare al meglio le proprie potenzialità già ampiamente dimostrate durante il recente concorso e, l’altra sera, nella gestione di un concerto interpretativamente così difficile come il terzo di Beethoven e nella agguerritissima lettura di due preludi chopiniani tra quelli notoriamente più impegnativi.
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