Una lettura emozionante della Messa di Requiem al festival svizzero. Ottimi i solisti Daniela Barcellona, Maria Agresta, Piotr Beczala e Ildar Abdrazakov
testo Luca Chierici foto Aline Paley
Non è stata soltanto una questione di narcisismo campanilistico quella che ha portato lo scrivente a commuoversi durante l’esecuzione del Requiem verdiano al Festival di Verbier: d’accordo, c’era la presenza di uno dei nostri direttori più bravi e intelligenti, un quartetto di voci di primissimo piano, un’orchestra giovanile sempre più entusiasta di lavorare con professionisti del podio dai quali può trarre preziosi insegnamenti, il superbo coro del Regio di Torino diretto da Claudio Fenoglio: insomma un Made in Italy quasi al completo, e possiamo considerare in parte italiani anche il tenore e il basso che da noi si sono prodotti con successo numerose volte nelle passate stagioni.
C’era ovviamente la grandissima musica di un Verdi che in questo lavoro riesce a fondere in maniera irripetibile l’esperienza teatrale, l’omaggio sincero allo scrittore venerato da tutti gli Italiani, lo sguardo retrospettivo verso la polifonia cinquecentesca di Palestrina. Tutti ingredienti che hanno ovviamente decretato un successo senza riserve alla serata, con standing ovations che almeno una volta sostengono una immagine positiva e affettuosa nei riguardi di ciò che si produce nel nostro sciagurato paese. Ma Noseda è andato anche al di là di quanto è stato fatto in passato da generazioni e generazioni di direttori, e lo diciamo da ascoltatori cresciuti attraverso esecuzioni memorabili della partitura verdiana. Vi sono alcuni particolari che attraverso il lavoro di concertazione del maestro milanese ci sono stati rivelati per la prima volta o suggeriti con rinnovata convinzione: dai pianissimi orchestrali ai limiti dell’udibile ma pur sempre presenti con una intensità e una qualità di suono impareggiabili, agli stacchi di tempo di infallibile funzionalità allo svolgimento della complessa partitura, al rigore toscaniniano delle sezioni più concitate, che spesso vengono eseguite forzandone l’aspetto teatrale. Ma ancor di più ci si è aperto un mondo quando nell’ascolto delle numerose parti all’unisono, sia scritte per il coro che per i solisti di canto, Noseda riusciva nei fatti a sottolineare un aspetto del Requiem verdiano di cui non si parla spesso.
È a nostro parere fuori dubbio che parte del melos presente nel Requiem trovi una radice nella tradizione del canto popolare che si dispiegava (e a volte tuttora si ascolta) in Italia durante le funzioni religiose, un canto di assoluta semplicità che qui assume un significato universale e che non ritiene quasi nulla della tradizione della musica colta. È questo uno degli ingredienti che ha mosso inconsciamente alla commozione tutto il pubblico, che si è trovato di fronte a un messaggio musicale spesso non spiegabile in termini di elementi tecnico-espressivi propri della grande tradizione ottocentesca.
Si può trattenere il fiato per decine di secondi non solamente al termine di una esecuzione mahleriana di Abbado, luogo tipico di tutte le esecuzioni videotrasmesse dal Festival di Lucerna negli ultimi dieci anni. Anche nel caso di Noseda e del Requiem, che l’altra sera contava sulle splendide voci di Maria Agresta, Daniela Barcellona, Piotr Beczala e Ildar Abdrazakov, il tempo si è come fermato dopo gli ultimi accordi di do maggiore e ha tramutato poi emozione e commozione in un affettuoso abbraccio da parte del pubblico.
Verdi, Messa di Requiem | Noseda, Verbier Festival Orchestra, Coro del Teatro Regio di Torino | Agresta, Barcellona, Beczala, Abdrazakov | Verbier, 1 agosto 2013