Recital • Il tenore, consacrato in Italia dal Lohengrin con Barenboim, torna alla Scala con un programma di Lieder, da Schumann a Wagner
di Luca Chierici
ACCOLTO CON UN LUNGO AFFETTUOSO APPLAUSO da un pubblico che lo attendeva con una certa impazienza, Jonas Kaufmann è apparso alla Scala nel ciclo dei “concerti di canto” per recuperare un appuntamento mancato del primo giugno scorso. A 44 anni Kaufmann è oggi uno dei tenori più acclamati al mondo grazie anche a una carriera costruita con tenacia, senza poter contare su una partenza di quelle che conquistano immediatamente il consenso più spinto, ma con una saggia amministrazione delle proprie doti naturali, assecondando le proprie inclinazioni musicali e la propria non comune sensibilità. Molti milanesi se lo ricordano da giovane (non giovanissimo, aveva già 28 anni) come Ferrando in un Così fan tutte che era rimasto famoso soprattutto per la regia di Strehler, l’ultima delle sue produzioni. Ma nessuno nel 1998 avrebbe scommesso allora sul tenore tedesco che pure si era fatto notare grazie a un timbro delizioso e all’assenza di quelli che erano i difetti tipici dei cantanti d’oltralpe alle prese con il repertorio in lingua italiana. Il fiore è sbocciato nel decennio successivo anche se si può dire che la vera popolarità di Kaufmann in Italia abbia raggiunto il livello attuale solamente con il Lohengrin presentato da Barenboim lo scorso anno in apertura di stagione.
Molti ingredienti possono concorrere al successo di un artista, e nel caso di Kaufmann le doti musicali, la qualità del timbro vocale, la presenza scenica, la simpatia sono tutti dettagli che sembrano far convergere su di lui un consenso unanime. Vi sono stati alcuni aspetti, nel recital di ieri sera, che analizzati al microscopio dai vociologhi potrebbero portare a molte riserve sul piano puramente tecnico. Allo stesso tempo i paragoni con i grandi cantanti di una volta, nello stesso tipo di repertorio, risultano a volte impietosi anche dal punto di vista espressivo. Ma nel panorama attuale, con il quale dobbiamo fare necessariamente i conti, sarebbe sciocco negare a Kaufmann il merito di essersi imposto con intelligenza in un contesto piuttosto desolante, tanto più in un campo in cui la figura del tenore di estrazione non latina non abbonda certo di esempi fulgidi. Artista davvero atipico, Kaufmann non è un liederista nato, è più animale da palcoscenico e del resto affronta con successo il grande repertorio teatrale con lo stile, l’impostazione di un cantante “moderno” che evita di ricorrere ad artifizi espressivi pescati dalla tradizione per imporre la propria personalità artistica, sia che si parli di Wagner o di Verdi che di Puccini o Bizet. Nei suoi recital di canto ha già presentato all’estero un programma simile a quello ascoltato ora alla Scala (mancava qui solamente un bel saggio di vocalità francese centrato sul nome di Duparc) sempre a fianco di un ottimo partner come Helmut Deutsch. Tra il Liszt liederista, a dire il vero non certo popolare dalle nostre parti, e il Wagner più noto dei Wesendonck-Lieder, la scelta che ha rivelato in tutto e per tutto la personalità del tenore e un certo suo anticonformismo è stata certamente quella dello schumanniano Dichterliebe, narrato da Kaufmann con un tono confidenziale che evitava una certa patina di accademismo presente in molte esecuzioni famosissime. Sarebbe piaciuto sicuramente all’autore l’understatement con il quale l’artista si è trovato a comunicare questo testo arcano e soave, un concentrato di affetti che si potrebbe portare ad esempio di cosa sia il Romantico. Deutsch ha assecondato ogni intenzione del tenore e lo ha a volte istradato verso una interpretazione molto lontana da quella a volte suggerita da pianisti che, anche a ragione, si immergono con voluttà nei flutti di una scrittura per la tastiera che ha del miracoloso.
La seconda parte del recital, che appunto con Wagner si è inaugurata, proseguiva con una mezza dozzina di lieder straussiani tra i più famosi, cui si è aggiunto Zueignung come secondo di una serie di cinque bis. Il momento più caldo dei recital di canto non poteva non sconfinare nel repertorio italiano, e dopo l’Ingemisco dal Requiem (ne abbiamo ascoltati di migliori), Kaufmann ha evocato il trionfo e ottenuto una standing ovation con il grande recitativo e aria di Alvaro dalla Forza del destino.
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