Intervista al direttore d’orchestra, a Firenze in duo con il violoncellista Luigi Piovano, lunedì alle 21. In programma Brahms, Beethoven, Giovanni Battista Cirri e Gaetano Braga
di Michele Manzotti foto Musacchio & Iannello
Maestro Pappano, come si sente in questa veste che per molti ascolatori è inedita?
«Le sembrerà strano, ma mi sento un po’ nervoso. Direi emozionato. Però al tempo stesso sono contento di essere al pianoforte accompagnando un musicista del livello di Luigi Piovano».
Ci sono due brani poco noti inseriti in programma. Come siete arrivati alla scelta di queste pagine?
«Sin dai concerti che abbiamo programmato in precedenza. con Piovano abbiamo deciso in introdurre questi pezzi come preludi, o aperitivi se vogliamo, a grandi capolavori della musica da camera. Sono brani di compositori italiani sconosciuti, Giovanni Battista Cirri e Gaetano Braga vissuti tra i secoli XVIII e XIX, che ci piace recuperare. In pratica delle piccole sorprese».
Ce li può introdurre brevemente?
«Trovo molto interessante sia il primo pezzo di Cirri, un Adagio tratto da una sonata, sia il brano di Braga. Forse l’atmosfera è un po’ lugubre, proprio come indicato nel titolo, ma è molto bello».
I due lavori di Beethoven (op. 69) e Brahms (op. 99) in programma sono invece più conosciuti. Nell’affrontarli avete trovato qualche nuovo elemento o passaggio da evidenziare?
«Non so se riusciamo a trovare qualcosa di nuovo. Cerchiamo di essere però bravi musicisti per creare il giusto dialogo tra di noi. Questo è un modo per poter raccontare in modo adeguato i brani proposti, perché la musica va anche saputa raccontare con l’esecuzione».
Parliamo invece del suo ruolo sul podio. Come direttore d’orchestra qual è il suo rapporto con Firenze?
«Nel 1998 diressi un Falstaff, ma ormai è un ricordo lontano. Ormai per l’opera sono molto legato a Londra e alla Royal Opera House al Covent Garden».