In scena al Teatro Regio l’opera di Engelbert Humperdinck. Successo complessivo notevole per uno spettacolo di buon livello. Molto apprezzata Annalisa Stroppa nel ruolo di Hänsel
di Attilio Piovano foto Ramella&Giannese
C’È UNA NOTA PRODUZIONE ANGLOSASSONE (sul web ve ne sono vari stralci) in cui la strega pare una serial killer, in bilico tra ex tenutaria di bordello e vecchina con l’Alzheimer che cuoce al forno i bambini estraendoli da una cella frigorifera ‘a vista’ dove pendono da macabri cappi. E il forno pare una struttura industriale, quindi i bambini vengono stoccati in un gigantesco armadio di lamiera come in una catena di delitti efferati, quasi lager. Altre produzioni evocano per converso atmosfere da Heidi e laghetti alpini (una ad esempio dell’Opera di Zurigo).
E la casa di marzapane, variopinta comme il faut, apribile come le case delle bambole, con la stia dove ingrassare Hänsel e l’immancabile forno
Ecco, nulla di tutto ciò al Regio di Torino per la deliziosa Hänsel und Gretel di Humperdinck – in scena a partire dal 6 maggio 2015 – al contrario efficaci e poetiche scenografie, quelle stesse che l’indimenticabile Emanuele Luzzati aveva predisposto per l’ultima edizione vista al Regio (risale al 1991 e venne ripresa nel 1996, produzione del Regio proveniente dal Bellini di Catania), con i policromi costumi di Santuzza Calì. La regìa di Vittorio Borrelli riprende con molto garbo (pur in economie e ristrettezze) quello spettacolo. La lettura che ne emerge è pulita e oltremodo fedele al libretto, grazie agli elementi scenici posti in atto, con tanto di mago Sabbiolino e mago Rugiadino ben riconoscibili, esalare di vapori bluastri nel bosco, cestino di fragole, treccine d’ordinanza per Gretel, due curiosi personaggi che animano lo spettacolo (gli ottimi mimi Eno Greveni e Luca Vacchetta) un po’ mostriciattoli buoni (dai luminescenti led rossi) e un po’ (in seguito) aiutanti della strega e ‘attrezzisti’ per il cambio a vista delle quinte a rendere alti alberi e profili sinistri sul fondale e via elencando.
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E non mancano nemmeno le bolle di sapone copiose per uno dei momenti topici, il risveglio la mattina ed il mirifico racconto simmetrico del sogno da parte dei due bimbi, né il corredo di angioletti che danzano (invero fanno un po’ Natale e un po’ Schiaccianoci, ma ci stanno; movimenti coreografici a cura di Anna Maria Bruzzese). E la casa di marzapane, variopinta comme il faut, apribile come le case delle bambole, con la stia dove ingrassare Hänsel e l’immancabile forno. Forno che però, chissà perché, non esplode assieme alla casa stessa nel momento prescritto dal libretto; e non sarebbe stato certo tecnicamente impossibile realizzarlo), in sua vece l’istante clou è segnato dall’esplodere dei bambini-biscotto che rompono la crosta e, ancora addormentati, escono dalle loro corazze vanigliate. E infine si poteva evitare di far riapparire gli angioletti a fine spettacolo (aggiungendo miele, zucchero e troppa melassa) accanto agli stupiti e un po’ stolidi genitori; e passi invece per il tocco di humour finale con il fantasma-angioletto della strega che sovrasta il camino. Insomma, spettacolo davvero gradevole sotto il profilo per così dire visivo, ottime le luci di Andrea Anfossi (col suggestivo effetto notturno di rossi lumini che si accendono nel buio a sottolineare il mistero della notte e il canto del cuculo), luci che virano su toni fluo del viola intenso e del verde acido nei momenti magici, o stregoneschi se si preferisce.
Sul versante musicale non minori emozioni ha sprigionato la superba partitura di Humperdinck grazie all’attenta e puntuale concertazione di Pinchas Steinberg (appena qualche perplessità in apertura, dove, la sera della prima, l’orchestra pareva un po’ esitante, come incerta sulla giusta strada da intraprendere), ma già all’apparizione dei bimbi intenti l’uno a fabbricare scope e l’altra a far calzetta tutto è andato a posto. Molto bene la sottolineatura musicale dei vari momenti topici, con bei fraseggi orchestrali, fluenti dove occorre e rarefatti nei momenti di magica sospensione, giù giù sino alla trionfale catarsi. Bene l’orchestra e un plauso al determinante apporto del coro di voci bianche del Regio e del Conservatorio “G. Verdi ” istruito da Claudio Fenoglio.
Delle voci soliste occorre dire senz’altro bene, nel complesso, con alcuni doverosi distinguo. E allora: un plauso davvero speciale a Tommi Hakala nel ruolo del padre dai vistosi capelli rossi, un po’ brillo in apertura, come occorre, ma non eccessivamente macchiettistico, vocalmente possente, unico ruolo maschile dell’intero cast. Delle voci femminili nomineremo per prima quella di Natasha Petrinsky, una strega incisiva e d’effetto, vocalmente molto convincente; bene anche la madre Gertrud sbozzata da Atala Schöck. Dei due protagonisti, Hänsel e Gretel affidati rispettivamente ad Annalisa Stroppa e Regula Mühlemann, ha convinto soprattutto la prima, laddove la Mühlemann, voce piccola e in qualche caso con minime défaillances di intonazione, spesso risultava ‘coperta’ dall’orchestra. Efficace altresì la doppia performance di Bernadette Müller (nel doppio ruolo di mago Sabbiolino e mago Rugiadino).
Successo complessivo notevole per uno spettacolo di buon livello, assai apprezzato dal pubblico la sera della prima e così pure nel corso delle (non numerose) repliche. Merito certo della partitura, costellata di delizie melodiche, strumentata con una perizia indicibile, fitta di preziosismi timbrici, in felice equilibrio tra tecnica wagneriana del leitmotiv e tono da filastrocca infantile, già a partire dall’indimenticabile tema d’esordio, a metà tra un corale luterano, l’eco del Salve Regina e una canzone popolare tedesca, tema che poi diviene la preghiera serale dei bimbi (tra i momenti più felici dell’intera partitura) e quindi si fa sfolgorate apoteosi in chiusura. E a ben guardare nell’ouverture (che molto opportunamente, ci è stato possibile delibare a sipario chiuso, il nuovo sipario offerto da Prada e FAI, senza inutili trouvailles registiche) c’è già tutto, ci sono già tutti i temi poi sviluppati ed elaborati con uno charme ed un’affettuosa dedizione che ha davvero del prodigioso.
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