di Giampiero Cane
Nell’ultimo lavoro teatrale con musica di Azio Corghi si racconta una favola morale ad uso dell’infanzia che affronta un tema di moda sì, ma di dubbia popolarità: quello dell’utilità e dei vantaggi che offre la condivisione, la partecipazione collaborante, la solidarietà. S’intitola Settestella e vede in scena soltanto un narratore e uno strumentista.
È andato in scena nel teatro Bibiena di Mantova l’ultimo mercoledì di ottobre in apertura di Sogni d’Infanzia, una rassegna che, per come viene presentata ufficialmente, “da dieci anni modula i linguaggi delle arti a misura di bambino, all’altezza dei ragazzi e a portata degli adulti”. È un teatro che è un gioiello del Settecento con la platea a forma di campana e un accumularsi di palchi, tutti a colonnine aperte verso sala e palcoscenico. Forse non ha i grandi spazi che servono alle macchine sceniche più complesse, ma per Settestella non era un problema. Per la narratrice bastava un leggìo, la strumentista chiedeva lo spazio per un vibrafono e un po’ di piccoli strumenti, il più ingombrante del quali era uno di quei tubi di canna, dentro cui si fanno scorrere rumorosi sassolini o semi, antenati delle maracas.
La storia inizia con la depressione di una stellina che, caduta sulla terra ha perso le proprie sette punte luminose e che ora sta in un corso d’acqua e risulta tale e quale un sasso e se ne lamenta. La sente un pesce e si premura di rincuorarla. A questo incoraggiamento ne succederanno altri da altre forme di vita e Settestella, circondata da un mondo con lei solidale lentamente riprenderà possesso della propria identità, riconquistando anche la sua luce.
Questa storiellina prende corpo da un insieme di disegni che non erano in mostra in teatro, a partire dai quali la favola è stata inventata. Azio Corghi, un musicista che ha alle spalle dei bei successi di teatro musicale, Gargantua dell’inizio degli anni Sessanta, poi riveduta, Blumilde e Divara, anni Novanta con libretti di Saramago, aveva iniziato seguendo le tracce della Nuova Musica, ma lasciò perdere presto quel sentiero, magari per dedicarsi a Rossini, della cui Italiana fece l’edizione critica.
L’attuale è una pagina postuma a tutto, pensata come un itinerario analogo a quello della Stellina. Questa viene riconquistando la sua identità passo passo con l’aiuto di incoraggiamenti solidali; la musica dà corpo al suo tema più appariscente con aggiunte e aggiustamenti portati poco per volta per rivelarlo soltanto nel finale.
Personalmente non sapremmo identificare una musica per bambini. Ma loro sanno farlo per una musica che gli si rivolge. Sebbene si capisse poco il canto della narratrice, Diana Rosa Cardenas, i destinatari sembravano seguire tutto: meglio così, naturalmente. Al fianco della cantante, sul palcoscenico c’era la percussionista Saya Namikawa, giapponese, delicata nel trattare una musica che è altrettanto favola di quanto lo sono gli accenti (e le parole) del testo cantato. Settestella ha aperto il calendario del decennale di Sogni d’Infanzia, una cinque giorni che si conclude l’1 e che ha chiamato a Mantova un considerevole numero di francesi (questa è la sensazione che si ricavava sentendo conversare nel foyer e nei bar vicino al teatro). Gran lavoro per i volontari e alla fine della prima, in un foyer gran festa con i bimbi e una torta alta tre piani.