di Luca Chierici
La disponibilità del Comune di Verbania, la presenza in loco di una importante collezione di strumenti antichi curata da Pierpaolo Dattrino, la guida esperta e appassionata di una pianista come Costantino Mastroprimiano hanno permesso già dallo scorso anno la creazione di un Festival (Les nuits romantiques) dedicato all’esecuzione di lavori grosso modo confinabili alla prima metà dell’ottocento ed eseguiti appunto su strumenti d’epoca opportunamente restaurati. L’apertura di stagione si è tenuta il 12 giugno scorso al nuovo centro eventi Il Maggiore sulle sponde del lago, una struttura che in piccolo ricorda il Lac luganese, con una buona partecipazione di un pubblico per nulla intimorito dal carattere piuttosto specialistico della manifestazione.
Se una volta il termine “strumenti d’epoca” faceva subito pensare a fortepiani malconci, a suoni di incerta accordatura e in genere a fenomeni acustici scarsamente percepibili in un moderno teatro, oggi le cose sono radicalmente cambiate e anche la sola visione di un Erard del 1838, con un mobile perfettamente tirato a lucido (e un suono dalle numerose sfumature timbriche) desta l’ammirazione e la curiosità anche di coloro che non conoscono a menadito tutti i complicati risvolti che caratterizzano strumenti e scuole pianistiche in quel periodo che vede il nascere di musicisti straordinari e di opere strettamente connesse all’evoluzione degli strumenti stessi.
Il programma d’inaugurazione era dedicato alla figura di Felix Mendelssohn e all’esecuzione di due sinfonie e di un concerto del periodo giovanile. Scelta più che giustificata, anche per il fatto che il pupillo della ricca famiglia amburghese utilizzò proprio la strada del Sempione per la sua discesa di rito in Italia nel 1829. Lo stile seriosissimo del giovane Felix, che quando scrisse queste pagine aveva poco più di undici anni (era nato nel 1809) ed era imbevuto di tradizioni classiche, soprattutto bachiane, ci propone un ascolto che è così lontano dalle allegre atmosfere proprie di molte composizioni di quei tempi. E si capisce come, nonostante la ricchezza del bagaglio tecnico, non dissimile da quello di molti altri pianisti-compositori più alla moda, questi esempi di un ragazzo che si poneva in modo agguerrito ma allo stesso tempo accigliato alla tastiera non incontrarono facilmente le preferenze del pubblico, che preferiva ascoltare i prodotti di un linguaggio virtuosistico più accattivante come era quello di Hummel, Dussek o Weber.
I prodigi del piccolo Felix sono stati sapientemente riportati in luce da Mastroprimiano, che ha illustrato da par suo come il linguaggio di queste pagine sfrutti al massimo, anzi trovi la sua perfetta giustificazione nelle specificità timbriche dei pianoforti coevi. I passaggi brillanti sono udibili ma come piacevole sottofondo, non come accade qualora si utilizzi un moderno grancoda; la qualità espressiva dei temi cambia a seconda del fatto che gli stessi vengano esposti nel registro grave, nel medio o nell’acuto; persino legati e staccati assumono una valenza narrativa che si perde spesso nelle esecuzioni “moderne”. Al pianista ha offerto un sostegno prezioso un sottoinsieme dell’Orchestra Nazionale della RAI che da tempo si dedica al repertorio barocco sotto l’etichetta de La Mole armonica e che ha eseguito un tempo di sinfonia accanto alla dodicesima delle sinfonie giovanili ben note nei programmi dedicati a Mendelssohn. Grande successo di pubblico e ottimo avvio di un festival che propone al proprio interno programmi di grande interesse.