di Attilio Piovano foto © PiùLuce
Un vero e duplice trionfo, quello di Leonidas Kavakos, sia in veste di solista sia di direttore, con l’OSNRai, a Torino le sere di giovedì 6 e venerdì 7 febbraio 2020. Oggi Kavakos – quanto meno a parere di chi scrive – è (quasi certamente) il più grande violinista in attività sulle scene internazionali. Possiede tutto quanto si possa richiedere a un solista dell’arco: perfezione tecnica pressoché assoluta, un suono magnifico, una cura dei dettagli a dir poco maniacale, fraseggi sempre coerenti ed efficaci, timbratura variegata, soprattutto emana un magnetismo e dispiega una comunicativa indicibile (nonostante le sue siano sempre interpretazioni oltremodo sorvegliate), ponendosi ben lontano insomma dall’istrionismo plateale di altri artisti a lui infinitamente inferiori.
A Torino Kavakos ha affrontato il celeberrimo Concerto op. 61 di Beethoven, in questo anno del 250° che, a dire il vero, sta diventando perfino un poco inflazionato: per dire, il medesimo lavoro lo si era ascoltato in Rai già ad inizio stagione nell’esecuzione di Frank Peter Zimmermann, ma questo di per sé non vuol dire nulla, anzi di fatto per il pubblico si è trattato di una opportunità propizia per un confronto critico. Sotto le mani esperte di Kavakos la composizione è apparsa come rimessa a nuovo, come rigenerata, totalmente ripensata ‘dal di dentro’, risultandone investita da una luce specialissima, ammantata di uno smalto affatto rinnovato e luminescente. Elemento di grande spicco la scelta di eseguire ben tre cadenze, una per ogni movimento, traendole da quelle pianistiche che Beethoven stesso inserì nella propria trascrizione dell’op. 61 per pianoforte ed orchestra: Kavakos le ha a sua volta rielaborate per violino, quasi una sorta di fascinoso ‘esercizio di stile’. E l’imponenza di tali cadenze, specie la prima, ha finito per modificare alquanto (e vistosamente) gli equilibri del Concerto. Certo, Kavakos vi ha immesso un tasso di virtuosismo incredibile, ma non è questo il punto; il violinista di origine greca ha dato una lettura del Concerto di matrice – oserei dire – segnatamente romantica, magari discutibile agli occhi di chi vede nell’opera ancora tracce di arcadiche risonanze settecentesche, ma certo di grande fascino ed enorme appeal; soprattutto ne ha fornito un’interpretazione originalissima e del tutto coerente.
E allora trovavano giustificazione piena anche gli stacchi dei tempi e una certa intenzionale (e pienamente funzionale) esasperazione dei medesimi. Quanta finezza e quanta eleganza nel lirismo ultraterreno del soave Larghetto dalle oniriche frasi e dalla timbrica per lo più rarefatta e trasognata; per contro, quanto energetico vigore nel Rondò dall’icastico tema impregnato di spirito della danza, tutto impetuose e travolgenti veemenze imbevute di giovanile ardore: dove ogni nota aveva il suo peso, ogni frase il suo perché e l’eccitazione ritmica mai veniva meno. E non è certo da tutti. Trionfo assoluto e come bis (quantomeno la sera di venerdì 6 alla quale abbiamo assistito) il sublime Bach della più nota Sarabanda dalle Partite per violino solo. Una vera e proprio lezione di stile, dove polifonia e cantabilità sembravano fondersi con mirifica bellezza. E il prodigio è che Kavakos suona con una (apparente) naturalezza che lascia attoniti: distillando con incredibile nonchalance le più complesse polifonie come se stesse bevendo un bicchiere d’acqua. Il solo bicordo conclusivo, con il ‘peso’ differente e la lunghezza diversa delle due note meriterebbe un saggio critico. E così si potrebbe dire di molti altri passaggi.
Un plauso davvero speciale all’intera OSNRai per la superba prova fornita e alle sue ottime prime parti. Citiamo per tutti il solo timpanista Claudio Romano (ma non se ne adontino gli altri, per par condicio dovremmo infatti nominarli tutti, e non è possibile per ovvie ragioni): Romano ha espressamente scelto si suonare, con suggestivo effetto, con le sole mani il passo iniziale, quella misteriosa ed arcana pulsazione, riprendendo poi l’inconsueta tecnica nella cadenza. Un tocco di eleganza in più, ben lungi dal minimo sospetto di eccentricità, bensì al servizio di una interpretazione davvero unica e singolare.
In programma, poi, era prevista la brahmsiana Prima Sinfonia. Kavakos, impugnando la bacchetta, ha deciso invece di dirigere la Quarta, superbo capolavoro, con quel finale in forma di Ciaccona (o Passacaglia che dir si voglia) fondato su uno spunto desunto da Bach: vero e proprio monumentuum eretto dallo storicista Brahms all’arte del variare. L’OSNRai ha brillato per bellezza e possanza di suono, specie nei movimenti estremi, ma anche per eleganza nel commovente Andante e per spigliatezza nello scorrevole Allegro giocoso. Kavakos, che già in passato avevamo apprezzato anche in veste di direttore, sembra ulteriormente maturato su questo fronte. Della Quarta ha dato una interpretazione per così dire flamboyante, per grandi pennellate, efficace ed effettistica che ha convinto appieno. Gran prova per l’OSNRai che, merita ribadirlo si conferma assieme a Santa Cecilia e Filarmonica della Scala al livello delle migliori orchestre internazionali per standard qualitativo. Merito anche della recente immissione di nuova linfa grazie ad alcuni concorsi e all’assunzione di giovani professori che suonano con una precisione, una appropriatezza stilistica ed un entusiasmo senza pari. Sicché in stagione l’Orchestra ha raggiunto vertici assoluti, già in novembre con Mariotti, artefice di una interpretazione indimenticabile della schubertiana Incompiuta, poi più di recente con Daniele Gatti che in gennaio ha diretto una Nona di Mahler davvero stupefacente (solo per ragioni pratiche non è stato possibile recensirla) e così pure ancora più di recente, lo scorso 23 e 24 gennaio, il pubblico torinese (ma anche la più vasta platea degli ascoltatori di RadioTre) ha potuto godere di una superba Seconda ancora di Mahler (‘Resurrezione’) diretta ottimamente da Conlon: che dell’OSNRai è il direttore principale e stabile, il vero e proprio coach, con un pool di scelti solisti ed il Coro del Regio di Parma, sempre ottimamente all’altezza della situazione.
E il pubblico pregusta fin d’ora i prossimi appuntamenti in stagione, soprattutto c’è grande attesa per i concerti che saranno diretti da Fabio Luisi (5 e 6 marzo), Daniel Harding (aprile) e Gergev (maggio). Stay tuned.