La formazione cameristica ha interpretato pagine di Beethoven e Boulez. Fino a domenica sarà ancora possibile ascoltarli a Roma
di Daniela Gangale
UN RAFFINATO INTRECCIO di suggestioni storico-musicali è l’elegante segno distintivo del progetto che il Quartetto Diotima offre in questi giorni al pubblico romano (a Villa Medici il 7 e l’8 e alla Sala Casella il 9), all’interno del Festival di musica contemporanea Controtempo, organizzato dall’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, in collaborazione con la Filarmonica romana per questa produzione. Nel 1937 Arnold Schönberg presentava a Los Angeles il suo ultimo quartetto; afflitto dal giudizio di chi riteneva che avesse “ucciso” o “snaturato” l’idea di musica, il compositore austriaco si sentiva invece profondamente inserito in una tradizione che aveva le sue radici nel classicismo beethoveniano. Ideò dunque una serie di concerti in cui a ciascuno dei suoi quattro quartetti ne era accostato uno di Beethoven; interprete di queste serate d’eccezione fu il leggendario Quartetto Kolish, vero e proprio modello per il Diotima sia perché famoso per le incisioni degli ultimi quartetti di Beethoven sia perché costantemente impegnato a promuovere la musica del proprio tempo. La ripresa di questo progetto è dunque un doppio omaggio, a Shoenberg e al Kolish, e si arricchisce di un tocco di ulteriore modernità con l’esecuzione lungo le quattro serate romane dei Livre pour quatuor di Pierre Boulez, compositore di riferimento del secondo novecento con cui il Diotima ha a lungo collaborato.
Il primo concerto, giovedì scorso, ha visto fronteggiarsi l’op. 127 di Beethoven, le parti Ia e Ib del Livre pour quatuor di Boulez e il quartetto op. 7 di Schönberg. Nonostante la secca acustica della Sala Casella, il Diotima ha dimostrato subito una qualità del suono e una personalità eccellenti. La lettura di Beethoven è stata estremamente analitica, un’interpretazione che potremmo definire paradigmatica e che ha privilegiato, soprattutto nei primi movimenti, l’approccio intellettuale, l’esplorazione metafisica di questa musica iconica per poi sciogliersi via via in un sentimento più energico e sanguigno, che è esploso nell’ultimo movimento. Energia e grinta sono poi rimaste come cifre interpretative in Boulez, di cui il Diotima ha dato una lettura piena di carattere, sicura e sempre presente a se stessa. L’op. 7 di Schönberg, quartetto privo di partizioni “classiche” e precedente al Pierrot lunaire, ha poi trascinato il pubblico in un flusso di coscienza joyciano che ha occupato tutta la consistente seconda parte della serata; una composizione, quest’ultima, di non facile esecuzione e di ancor più complesso ascolto che il Diotima ha condotto dall’inizio alla fine con consapevole abbandono, restituendone tutto il carattere ora profondamente inquieto, ora ironico, ora visionario.
Il programma proposto dal Diotima, articolato e intimamente coeso pur nella sua varietà, si offre a diversi livelli di lettura: è senz’altro per addetti ai lavori generando spunti di riflessione e di ricerca ma è così scorrevole e godibile da essere fruito agevolmente anche dai semplici appassionati. E infatti gli applausi dell’attentissimo pubblico della Sala Casella non hanno tardato ad arrivare, caldi e sinceri.
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