A Milano una retrospettiva dedicata al compositore italiano, figura chiave del Novecento internazionale. Apertura con il Concerto per violino ed Aura | Fino al 18 gennaio la mostra presso il Museo del Novecento
di Livio Giuliano
La location per l’inaugurazione del festival Milano Musica è sempre stato il risultato di una scelta coerente. L’anno scorso l’opera del dissacrante Romitelli aveva trovato sede dentro un club, l’Alcatraz; due anni fa il mistico Feldman fu celebrato nella basilica di San Simpliciano; nel 2007 John Cage, eterno fanciullo, nella sala Verdi del Conservatorio. Quest’anno al centro del programma del festival di musica contemporanea molto frequentato nella città di Milano c’è un compositore a pieno titolo inserito nel coté accademico, un nome al quale la città di Milano è emotivamente molto legata, il veneziano Bruno Maderna, la cui musica, pertanto, trova adeguato luogo di celebrazione sul palco del Teatro alla Scala, dove Milano Musica torna a inaugurare dopo due anni di alterni trasferimenti. La Filarmonica della Scala, diretta da Ingo Metzmacher, ha eseguito domenica 4 ottobre il Concerto per violino e orchestra (1969) e Aura (1972), pezzi rappresentativi della piena maturità compositiva del compositore veneziano, la cui cornice è stata costituita dalla Passacaglia per orchestra op. 1 (1908) di Anton Webern e dai Tre Pezzi per orchestra op. 6 (1915) di Alban Berg.
Per una sorta di tendenza a un “lirismo espressionistico“, come lo definì Massimo Mila, l’opera di Maderna sembra accostarsi con più convinzione alla lezione di Berg, sebbene la Passacaglia weberniana che ha aperto il concerto non tradisca ancora un certo algido puntillismo delle opere successive del maestro del serialismo. L’afflato espressivo del Concerto per violino, opera che traghetta Maderna verso la compiuta maturità dei suoi ultimi lavori – di cui Aura è un esempio – è reso palese dal virtuosismo del solista, Francesco D’Orazio, la cui agilità nell’esecuzione di una pagina tanto complessa del repertorio per violino della seconda metà del Novecento italiano – assimilabile, probabilmente, alla Sequenza per violino dell’amico Luciano Berio – stupisce il pubblico del Piermarini.
Il coinvolgimento è altrettanto significativo nell’esecuzione dell’orchestrale Passacaglia, l’opera più fin-de-siècle di Webern, nonché dei Tre pezzi di Berg, vicini per complessità e intensità al capolavoro Wozzeck. Maderna definì proprio quest’opera di Berg «il primo modello di musica dell’umanesimo reale»: a mezzo secolo di distanza il compositore italiano raccolse, applicò e coltivò la lezione del maestro viennese all’interno di un percorso artistico che quest’anno ha l’occasione di dimostrare ancora tutta la sua attualità all’interno di quest’edizione di Milano Musica.