Al Coronet Theatre di Londra, con la direzione di Ilan Volkov, un concerto dedicato alle composizioni di Fausto Romitelli, George Lewis, Martin Smolka, Cassandra Miller
di Francesco Fusaro foto © Ted Lamb
«SPETTRI E SPETTRALISMI» potrebbe essere un sottotitolo funzionale alla descrizione della maratona di musica classica contemporeanea tenutasi ieri sera al Coronet Theatre di Londra sotto l’egida di Ilan Volkov e della London Sinfonietta. Uno strano senso di inquiete presenze, di energie ancora non del tutto placate, di attese insoddisfatte aleggiava infatti fra il folto e sufficientemente variegato pubblico presenta in sala. Suggestioni, ovviamente: diamo pure la colpa alla definitiva chiusura dello stesso Coronet Theatre, destinato a fare presto spazio alle ormai inarrestabili speculazioni edilizie londinesi, o alla presenza in cartellone di Fausto Romitelli, prematurmente scomparso nel 2004 a soli quarantun’anni (nonché seguace dello spettralismo), o ancora alla musica di Common Objects, che con il loro ALMOST BUT, OFTEN, IT MEANS MORE THAN THAT (il maiuscolo è loro, chiediamo venia) aprivano la serata in modo decisamente esangue, e a tratti piuttosto noiosa, diciamolo pure…
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Insomma, basta poco alle volte per viaggiare con la mente: soprattutto se la musica, ahinoi, non riesce a tenerti sufficientemente con sé. Alla noia provocata due volte dai Common Objects di cui sopra (oltre al brano di apertura, infatti, il gruppo di musicisti inglesi dediti alla sound art e all’improvvisazione tornava sul palco per [bisecting planes]) si univa purtroppo quella dell’anteprima assoluta di Tales of the Traveler di George Lewis. Commissionato dalla London Sinfonietta, la composizione prevedeva improvvisazioni soliste alla chitarra elettrica eseguite dal rinomato Fred Frith, in un dialogo continuo con l’ensemble che nelle intenzioni dell’autore doveva rinviare alla forma concerto. Nella pratica, invece, raramente si sentono accozzaglie di idee così male assortite: impazzite schegge gershwiniane, lampi hendrixiani, percussionismi gratuiti in un guazzabuglio difficile da interpretare. Per fortuna non tutto il programma messo insieme dall’inossidabile Volkov (direttore d’orchestra invidiabilmente a suo agio nel condurre l’ensemble in territori spesso distanti fra loro) presentava questi scogli, tutt’altro: almeno la metà delle composizioni scelte per l’occasione avevano più di un punto di interesse: Autumn Thoughts del compositore ceco Martin Smolka, ad esempio, è una gustosissima composizione in due parti dove la prima comprime gesti caricaturalmente cartooneschi e la seconda rallenta gli stessi in una grottesca moviola; Bel Canto di Cassandra Miller propone soluzioni sintattiche e gesti vocali inusuali che ricordano un vecchio disco d’opera a 78 giri bloccato sulle stesse frasi mentre perde di velocità.
Il successivo Groove Revisited del celebre Christian Marclay fa letteralmente con i giradischi ciò che i musicisti sembrano fare nel brano della Miller: bloccarsi e ritornare sulle medesime frasi, mentre l’ensemble risponde agli stimoli dei vinili con soluzioni performative decise da Volkov sul momento (datato 1982, il brano è stato rivisto per l’occasione da Marclay). La serata si concludeva felicemente con il momento più convincente in assoluto: Lesson II da Professor Bad Trip di Fausto Romitelli, compositore sempre troppo poco eseguito in Italia come all’estero, considerando quali opere il musicista originario di Gorizia ha saputo mettere insieme nei pochi anni concessigli dalla vita. Opere che, come la vera grande musica sa fare, non fanno che migliorare con il passare degli anni, mostrando nuove sfaccettature con l’aumentare delle loro esecuzioni.
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