Due successi pieni per Gianandrea Noseda a distanza di pochi giorni, a MiTo ed allo Stresa Festival
Martedì 30 agosto ha diretto la Filarmonica della Scala a Stresa (per la 50° edizione dello Stresa Festival del quale Gianandrea Noseda è direttore artistico) in occasione di un concerto che si è aperto con la weberiana Ouverture dal Freischütz: ben assecondato dalla compagine scaligera in gran forma, e potendo contare su ottime prime parti, Noseda ne ha dato una lettura magnetica che poneva in evidenza la superba strumentazione e più ancora i lati inquietanti – gli enigmatici rintocchi di timpano, i richiami boschereccci dei corni il mistero della notte le allusioni all’universo demoniaco – salvo poi ‘illustrare’ il lato solare, aprico di tale fortunata Ouverture, laddove volge verso lidi ossequiosi alle maniere italiane con quel tema smaccatamente rossiniano che la suggella in un clima di festosa ed estroversa esuberanza.
Ma il vero clou della serata è stata l’Ottava di Dvorák. Noseda ne coglie molto opportunamente l’aspetto ottimistico, la grazia soave, talora appena venata di quella malinconia tipicamente slava che la pervade da cima a fondo e che di Dvorák è un vero marchio di fabbrica. Già a partire dal primo tempo, tutto scorreva liscio, emanando quella giovialità che dell’Ottava è la cifra di fondo. Molta tenerezza nell’Adagio, carezzevoli seduzioni nell’Allegretto, grazie ai bei fraseggi ed alla cura minuziosa dei particolari e poi l’esuberante allure del Finale, avviato dalla celebre fanfara, giù giù sino alle bonarie reminiscenze turchesche di un altro celebre passo. Noseda – gesto ampio e grandi capacità comunicative – ha forse ecceduto un pizzico, a nostro avviso, nelle sonorità del Finale, per l’appunto, risultato qua e là un poco sopra le righe, iper energetico ancorché di indubbio fascino.
Bene anche il Primo Concerto di Beethoven che campeggiava a metà serata e che ha potuto avvalersi dell’interpretazione dell’ottimo Leif Ove Andesnes: Noseda, al contrario di altri direttori che si limitano talora a prove affrettate e sommarie, deve aver curato a lungo anche la concertazione del Concerto, e lo si sentiva, dalla minuziosa e cesellata precisione di mille particolari preziosi (per dire, quegli spostamenti d’accento nel brillante Rondò che lo rendono così arguto) sicché la sintonia tra orchestra e solista risultava davvero apprezzabile. Inoltre Noseda e Andesnes mostrano di avere la stessa idea interpretativa del Concerto, lontana dai manierismi di certe interpretazioni che fanno di tale pagina un calco mozartian-haydiniano e, per contro, lontani anche dalle esagerate e inopinate iniezioni di Romanticismo ante litteram che in certi casi finiscono per approssimarlo troppo all’ultimo Beethoven. Insomma, misura ed equilibrio caratterizzavano l’interpretazione, con un intenso tempo lento in cui Andesnes ha potuto rivelare le sue doti di raffinato interprete: ha poi regalato come bis una celebre pagina chopiniana. Personalmente avremmo preferito una linea di metronomo in più nel primo tempo fin troppo pacato (ma è un dettaglio) mentre per contro abbiamo assai apprezzato la brillantezza pimpante (ma non nevrotica, come in talune interpretazioni) dello scorrevole Rondò. Applausi convinti e prolungati.
Così come convinti, entusiastici e protratti per ben diciotto minuti sono stati gli applausi (e non dite più che i torinesi sono freddi e compassati…) a fine serata per l’inaugurazione di MiTo Settembre musica, la sera di sabato 3 settembre, a Torino, Auditorium ‘Agnelli’. Per l’inaugurazione di questa quinta edizione del festival che vede coinvolte le due città per un mese intero in una ricca kermesse, la direzione artistica ha fatto le cose in grande, puntando sulla monumentale Ottava di Mahler, nell’ambito delle celebrazioni mahleriane nel 100° della morte. Sforzo produttivo di grande entità, occorre ammetterlo. E così, per l’occasione, entro l’Auditorium del Lingotto, progettato da Renzo Piano, sono state convocate l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai e l’Orchestra del
Teatro Regio, affiancati dal Coro del Regio e dal Coro del Maggio Musicale Fiorentino (maestri dei cori Claudio Fenoglio e Piero Monti). E ancora: Coro di voci bianche del Regio e del Conservatorio di Torino. Un cast di scelti solisti e Noseda a governare il tutto con mano salda (applaudito e festeggiato a lungo). Non capita tutti i giorni di ascoltare la cosiddetta Sinfonia dei mille, dato l’ingente organico richiesto (a Monaco, la sera del la prima assoluta il 12 settembre 1910 gli interpreti furono davvero quasi mille, a Torino, a conti fatti, i musicisti erano oltre 350, ed è già un bel numero). Ed era indubbiamente coreografico vedere un tale organico allineato sul vasto palco. Poi le prime battute e subito il senso della monumentalità, del gigantismo che si sprigiona, quelle ondate di suoni in cui talora si rischia di annegare (come scrive giustamente Quirino Principe nel programma di sala).
Due parti molto dissimili, anche dal punto di vista meramente della durata, la prima a prevalenza corale, sul testo del Veni Creator, celebre inno pentecostale, la seconda sul testo dell’ultima parte del goethiano Faust, dove i solisti, si sa, hanno ruoli ben precisi (Magna Peccatrix, Una poenitentium, Mater gloriosa, Mulier Samaritana e via elencando). Nella prima parte la ‘massa d’urto’ del suono ha un che di singolare e prometeico che Noseda ha ben colto. Certo, trovare il giusto equilibrio – fonico, soprattutto, in senso fisico spaziale – non è facile. Taluno lamentava la difficoltà di distinguere chiaramente certi passi del testo, nella interpretazione corale: in qualche punto il coro rischiava effettivamente di essere sovrastato dalle due orchestre, ma non è questo il punto. Noseda ha dato una lettura omogenea e nel contempo analitica della partitura mahleriana, che personalmente abbiamo apprezzato e che condividiamo, restituendone il senso di vasto affresco (prima parte), e centellinando poi i dettagli della seconda (costellata di preziosità timbriche), pur senza rinunciare alla visione di insieme.
Se nella prima parte a prevalere è stato per l’appunto il senso dell’immane potenza sonora, mimesi della trascendenza, nella seconda il dato più squisitamente umano e terreno emergevano in tutta la loro toccante pregnanza: con quelle riconoscibili reminiscenze wagneriane (spesso la partitura ‘tristaneggia’ vistosamente) e quelle parti cameristiche punteggiate dalle interpunzioni dei cori angelici. Merito di una concertazione attenta, ma merito altresì delle ottime voci soliste, specie sul versante femminile, e si trattava dei soprani Erika Sunnegårdh, Elena Pankratova e Bernarda Bobro, dei contralti Yvonne Naef e Maria Radner, tutte allineate su un elevato standard interpretativo (suggestiva, da ultimo, l’apparizione da un palco laterale, in alto della Mater gloriosa), voci ben timbrate, a posto sotto tutti i punti di vista. Meno convincenti le voci maschili: bene il baritono Detlef Roth ed il basso Christof Fischesser, ma qualche riserva invece per il pur valido Stephen Gould, muscoloso e possente tenore wagneriano (è di casa a Byreuth), dotato di inusitata forza e vigore (Pestelli su «Stampa» lo definisce addirittura bravissimo) mentre talora – a nostro avviso – non ha risparmiato alcune ineleganze: è pur vero che la parte è impervia, ma il desiderio di sovrastare con lo squillo possente di una voce senz’altro incisiva di cui la natura lo ha gratificato, ci pare lo abbia qua e là tradito. L’epilogo dell’Ottava poi suona davvero emozionante: con il coro a cappella a siglare il senso del mistero, certe armonie che sorprendentemente paiono strizzare l’occhio addirittura a Fauré, poi tutto riprende quota si aggiungono le voci soliste femminili, poi quelle maschili ed ecco l’approdo ad un più che fortissimo e la solenne fanfara (non immemore di Strauss) che chiude la pagina in un clima di incandescenza sonora davvero singolare.
Molte le personalità presenti, in rappresentanza delle istituzioni, non solo cittadine, clima di festa, moderatamente mondano, come è giusto, intenditori e curiosi, pubblico fedele e neofiti, sala gremitissima e contagiosa euforia collettiva per un’inaugurazione che, al di là dei dettagli e delle visioni interpretative sulle quali i più accaniti discutevano animatamente nel foyer, e sulle quali si potrebbe argomentare a lungo, confrontando recensioni e flash giornalistici, resterà comunque negli annali della Città di Torino. E di MiTo, ça va sans dire.
Attilio Piovano
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Gianadrea Noseda e’ diventato nel 1997 il primo Principale Direttore Ospite straniero nella storia del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo , dove ha fondato insieme a Valery Gergiev la “Mariinsky Young Philharmonic Orchestra” e ne e’ stato Direttore Principale.
Principale Direttore Ospite della Rotterdam Philharmonic (1999-2003) e dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI (2003-2006)
Nato a Milano, Gianandrea Noseda dirige le maggiori orchestre del mondo, fra queste la New York Philharmonic ,Chicago Symphony,Philadelphia Orchestra, Pittsburgh Symphony, Boston Symphony, la London Symphony, la Oslo Philarmonic, l’Orchestre National de France,la NHK in Giappone e la Israel Philharmonic.
In Italia dirige regolarmente l’Orchestra Nazionale della RAI, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e la Filarmonica della Scala.
Come Chief Conductor della BBC Philharmonic, Gianandrea Noseda registra a Manchester per Radio 3, dirige alla Bridgewater Hall, si presenta ogni anno ai PROMS di Londra e guida l’orchestra in una intensa attività all’estero : Giappone , Italia, Cecoslovacchia, Spagna, Germania e Austria.
Con il Ciclo completo delle Sinfonie di Beethoven trasmesse in diretta radiofonica dalla BBC nel Giugno 2005, Gianandrea Noseda e la BBC Philharmonic hanno compiuto un’impresa che ha cambiato le modalità della comunicazione della musica classica : la stampa di tutto il mondo ha infatti registrato incredula il quasi milione e mezzo di utenti che hanno scaricato le Nove sinfonie dalla rete, una cifra che nemmeno i Beatles hanno mai raggiunto. Negli anni seguenti è stata la volta delle Sinfonie di Ciaikovskij, di Schumann e di Brahms, che la casa discografica Chandos Records, in collaborazione con la BBC, ha messo in linea sul proprio sito a disposizione del pubblico di tutto il mondo.
Gianandrea Noseda registra in esclusiva per l’etichetta Chandos: la sua ampia discografia include musiche di Prokofiev, Respighi, Karlowicz, Dallapiccola, Dvorak Shostakovich,Liszt, Smetana, Mahler e Wolf-Ferrari, che ha recentemente ricevuto il “Diapason d’or” in Francia. In collaborazione con la Serge Rachmaninoff Foundation sta realizzando una vasta panoramica della musica di Serge Rachmaninoff, che comprende il ciclo completo delle opere in un atto, oltre alla riscoperta della rara Prima Sinfonia. Per Deutsche Grammophon – alla testa della Filarmonica di Vienna – ha inciso il primo album di Anna Netrebko.
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