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Un ciclo di trasmissioni radiofoniche prodotte dalla Seconda Rete della Radio Televisione Svizzera per omaggiare l’arte del pianista canadese a trent’anni dalla scomparsa. Ne parliamo con l’autore Carlo Rafele
di Simeone Pozzini
R accontare Glenn Gould con un radiodramma. Da lunedì 24 settembre a venerdì 5 ottobre, alle ore 13,30 sulle frequenze e lo streaming di Rete Due-RSI (riascoltabile anche in podcast) va in onda Il corpo del pianoforte, un ciclo di trasmissioni radiofoniche per commemorare, scoprire o riscoprire la figura di Glenn Gould attraverso un approccio non solo documentaristico ma anche romanzato: tassello che, seppur sotto una diversa forma, andrà ad aggiungersi alla numerosa letteratura (anche nella forma di biografia rielaborata) a lui ispirata. Del pianista canadese, figura eccentrica, geniale, anticonformista, antifilologica o di una diversa filologia, si celebra quest’anno il trentennale della morte, avvenuta a Toronto il 4 ottobre 1982. Il radiodramma è scritto e diretto da Carlo Rafele, letterato, drammaturgo, regista, autore di numerosi ritratti e monografie per la Rai e la Radio Televisione Svizzera. In particolare, negli anni ’70, su Marco Ferreri, Carmelo Bene, Roberto Benigni; tra l’87 e il ’92 la tetralogia “Sguardi sull’Altrove”, dedicata a Gogol, Nietzsche, Rimbaud, Giordano Bruno. Due anni fa, nel 2010, l’omaggio agli 80 anni del cineasta Jean-Luc Godard e al suo cinema con una manifestazione in Sardegna: “Odissea di uno sguardo. Due o tre cose che (non) sappiamo di lui”.
Dieci puntate per scoprire Glenn Gould. Che struttura ha dato a questo percorso?
«Ero interessato a generare una duplice direzione narrativa. La prima proveniva “dal basso”: due ragazze – Cecilia e Anahi – giovani ricercatrici “sulle tracce” di Glenn Gould, che si materializzano una notte nella sua macchina mentre Gould telefona all’amico Bob Fulford per comunicargli che ha trovato l’attacco della Sonata in fa minore di Beethoven, detta “Appassionata”. In realtà, subito dopo scopriamo che sono loro stesse “depositarie” della storia, sono loro che accendono la narrazione, come se sperimentassero un potere “evocativo” e fossero in grado di orchestrare la direzione e il senso del racconto. Non completamente, però: sarà infatti lo stesso Gould, nei panni di ombra celebrata o rievocata, a stabilire più tardi alcune coordinate del racconto, costringendo le ragazze a seguirlo …
La seconda direzione giunge invece da un Mefistofele invecchiato e decaduto – chiamato Nicky-Mefisto – che ha conservato il potere di bussare alla porta di Gould per tentare di riportarlo nelle sale da concerto, da cui il pianista, come si sa, uscì definitivamente nel ’64. Figura inquietante, che ama dissimularsi dietro una servizievole ammirazione, figura altamente ideologica che si sforza ad esempio di smontare le teorie di Gould sulla non importanza dei concerti pubblici. Ad ogni incontro Nicky-Mefisto porta a Gould un assillo: il programma di quel “memorabile” Concerto del Ventunesimo Secolo che Gould farebbe bene a eseguire al più presto nei maggiori teatri del mondo: “New York, Carnegie Hall, Milano, Teatro La Scala… l’evento del Secolo… una Sala colma all’inverosimile, spettatori da ogni parte del mondo. Immagina il manifesto: ‘Glenn Gould ritorna sulle scene’. Programma: Bach, Beethoven, Brahms… e poi, se guardi bene, ho lasciato uno spazio bianco: puoi scrivere i nomi che vuoi, anche quell’Orlando Gibbons che ti piaceva tanto”».
Nei confronti di un personaggio di per sé così iconoclasta, quanta fiction è presente nelle trasmissioni e in cosa consiste?
«Se per “fiction” intendete la quota di verità contenuta nel Radiodramma, ce n’è abbastanza per disegnare un Gould a tutto tondo, che deriva in buona parte dalle suggestioni da lui stesso scritte e pronunciate. Gould amava raccontarsi, amava con sapiente arguzia mostrarsi alle prese con se stesso, con le sue pulsioni culturali e artistiche, divertendosi a creare deliziosi contrappunti dialogici, tentando di far parlare le diverse voci che dentro di lui convivevano. Sotto certi aspetti, la pratica drammaturgica, nel senso di lavoro sulle differenze e sulla contraddizione, è presente sia nella sua vita sia nel suo pianismo. E il “Radiodramma”, in tal senso, dovrebbe risultare forma e pratica ideali per esibire le diverse e contraddittorie sfaccettature dell’essere Gould».
Qual è il ritratto di Glenn Gould che uscirà da questo percorso?
«Il ritratto di un pianista-artista che sceglie, con ironia e con gioia, la problematicità del fare e ascoltare musica, che non disdegnerebbe una moratoria di almeno 5 anni per le sue tanto declamate Variazioni Goldberg, che si diverte a mostrare la trasgressione necessaria che ogni musicista dovrebbe operare rispetto ai modelli passati e passatisti, che sa di poter ancora oggi inondare la contemporaneità e il presente di una qualità sonora che soltanto lui possedeva e attraverso la quale ha reso possibile la scoperta o riscoperta sia di musicisti sommi come Bach o Schönberg sia di musicisti poco conosciuti come William Byrd, Orlando Gibbons, Paul Hindemith.
E poi c’è anche il Gould che si presenta davanti a un giudice per dichiararsi “colpevole reo-confesso”. Di che cosa?, gli chiede il giudice. “Sono un falsario e un falsificatore, ho corrotto con la Tecnica i Compositori di musica, ho falsificato l’Arte pianistica del XX secolo, seguendo criteri abnormi, togliendo al suono il suo ambito naturale”».
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