Contemporanea • Il compositore britannico, uno dei più importanti della nostra epoca, si è spento all’età di 73 anni. Nel suo nutrito catalogo spaziò in molti generi, avvalendosi anche di un sapiente uso dell’elettronica
U n’altra amara perdita per il panorama della musica contemporanea: dopo lunga malattia è mancato la scorsa notte il compositore Jonathan Harvey. Era nato il 3 maggio 1939 in un quartiere periferico di Birmingham. Ricordava di aver deciso di dedicarsi alla creazione musicale quando era un fanciullo del coro di soli 11 anni: «Uscivo dalla chiesa e l’organista produsse una dissonanza violenta. Quell’accordo fece sì che dicessi a me stesso “sarò un compositore”». Da allora, dopo gli studi a Cambridge dove fu guidato da Benjamin Britten, si accostò con particolare interesse alla Seconda Scuola di Vienna, poi a Stockhausen e a Boulez che lo invitò negli anni ’80 per un periodo di lavoro all’IRCAM, dove Harvey poté impratichirsi nell’uso delle più aggiornate tecnologie. Ma non si riconobbe mai fino in fondo nei percorsi dei suoi contemporanei; la sua era una musica dal segno molto personale, visionaria, ispirata, nutrita anche di quella vena mistica che lo fece avvicinare al buddismo.
Molto attivo come docente e studioso, per anni anche violoncellista nelle file orchestrali, Harvey ha lasciato un catalogo ampio ed esteso su vari generi: dalla musica corale all’opera (un titolo: Wagner Dream, del 2006), dai pezzi solistici a quelli da camera e per grande orchestra, con l’ausilio o meno della componente elettronica. Per notizie dettagliate rimandiamo al sito della sua casa editrice, Faber Music.
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