
Opera • Convincente Desirée Rancatore con il suo debutto italiano nel ruolo di Violetta. Tuttavia il lavoro complessivo sembra non decollare
di Monika Prusak
LA TRAVIATA TORNA AL TEATRO MASSIMO dopo quasi due anni dalla splendida produzione di Henning Brockhaus con Mariella Devia, in sostituzione della terza e ultima giornata del Ring wagneriano, che per motivi economici è stata posticipata alla Stagione 2016. Nella coproduzione del Regio di Torino e del Santa Fe Opera Festival, messa in scena a Palermo in questi giorni, il regista Laurent Pelly e la scenografa Chantal Thomas sostituiscono ai salotti parigini costruzioni di blocchi, grigi e neri, rivestiti di stoffe e specchi, che si trasformano all’occorrenza in tombe – lo spettacolo inizia dal presunto funerale di Violetta –, nei prati della campagna parigina, in sala da ballo e infine nella camera da letto della protagonista. Questi quadri funzionano nei momenti d’insieme, quando il coro con costumi bene assortiti dallo stesso regista è presente sul palcoscenico, ma rimangono vuoti e privi di significato durante i monologhi e i dialoghi dei cantanti. La regìa, ripresa a Palermo da Anna Maria Bruzzese, lascia gli interpreti immobili nel senso fisico ed emotivo, non giovando all’andamento generale dell’azione. Le stoffe di colori spenti, con l’eccezione dell’abito iniziale della protagonista, nel primo atto colpiscono lo spettatore per l’eccessivo grigiore schiarito dalle poche luci di Amerigo Anfossi. La situazione migliora nel secondo atto, nonostante l’abbigliamento à la garçonne di Violetta la trasferisca in un’altra dimensione storica; nel terzo ritorna l’atmosfera cupa iniziale: la camera da letto è coperta da drappi bianchi come in una casa abbandonata, con i protagonisti nell’ombra quasi fossero fantasmi in scena.
Per Desirée Rancatore è un debutto italiano nel ruolo di Violetta ben riuscito. La voce fresca e giovane dona al personaggio un colore intenso che mescola tragicità con frivolezza e commuove per la purezza degli acuti, morbidi e ben equilibrati. La sua Violetta ritrova la nostalgia di un amore mai vissuto de La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, ma non ne condivide il rimpianto dei salotti parigini. La accompagnano Stefano Secco in Alfredo Germont, intenso nella gestualità ma dalla voce non adatta al ruolo, e Vincenzo Taormina in Germont padre, dotato di un timbro interessante, ma a sua volta poco protagonista della scena. Tra le figure secondarie merita una nota Annina di Valeria Tornatore. Non esalta, invece, la direzione di Matteo Beltrami, piatta nel Preludio e a tratti poco attenta alle parti vocali.