Il duo si è sibito per l’Istituzione Universitaria dei Concerti: in programma pagine di Janáček, Schubert, Chausson, Brahms
di Daniela Gangale
RARAMENTE ACCADE ma quando lo è si riconosce subito, dal primo attacco: è il concerto perfetto, quello in cui il virtuosismo si unisce al cuore. In questi rari momenti, che hanno del magico, dello stato di grazia, non sembra di ascoltare interpreti che propongano un repertorio ma la Musica stessa, che parla e fluisce attraverso i musicisti senza diaframmi, senza incertezze. A questo tipo di concerti appartiene quello a cui Janine Jansen e Itamar Golan hanno dato vita lo scorso sabato, presso la romana Istituzione Universitaria dei Concerti. La violinista olandese e il pianista israeliano sono due virtuosi del proprio strumento che però nulla hanno del facile divismo al quale indulgono parecchi interpreti: essenziali e intensi, perfettamente affiatati – e qui diamo merito a Golan di non essere mai scaduto in ansie di protagonismo ma di aver svolto la sua parte di pianista accanto al violino senza eccedere, pur mostrando la sua spiccata personalità – hanno portato per mano il pubblico universitario lungo un programma vario e inconsueto che ha spaziato dalla Sonata in sol diesis minore di Janáček alla Fantasia D 934 di Schubert, al Poème op.25 di Chausson per concludere con la Terza Sonata di Brahms op.108.
A nostro avviso, proprio in Janáček Jansen ha meglio mostrato il suo carismatico temperamento. La Sonata, un lavoro della maturità del compositore scritta negli anni della Grande Guerra, raccoglie nei suoi graffianti spigoli tutte le inquietudini del nuovo secolo, che la violinista olandese ha saputo descrivere con piglio convinto e intenso, grande sicurezza nel controllo del suono ed un’eccezionale maturità espressiva. Abbracciata allo Stradivari “Barrère” del 1727, prestatole dalla Fondazione Elise Mathilde, Jansen ha poi condotto il pubblico attraverso uno Schubert forse poco viennese (ma quanto convincente!) a tratti sospeso e intimo, a tratti impetuoso, e poi attraverso uno Chausson meditativo e malinconico ma anche impetuoso e avvolgente, grazie ad un suono sempre compatto e intenso, tridimensionale. Il Brahms finale non è mai scaduto nella retorica, pericolo sempre in agguato in questo repertorio: sin dal primo tema le parole d’ordine sono state semplicità e intensità, grande energia, in uno stacco dei tempi assolutamente in linea col testo.
Il pubblico in visibilio ha preteso due bis che gli interpreti hanno concesso con generosa allegria, proponendo due brevi pezzi di Kreisler, pieni di elegante ironia.
Janine Jansen e Itamar Golan – IUC, Istituzione Universitaria dei Concerti 5 aprile 2014, Roma, Aula Magna Sapienza, ore 17.30
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