Il pianista al Festival di Verbier interpreta pagine di Čajkovskij, Rachmaninov, Schumann
di Luca Chierici
IL NUOVO PROGRAMMA che il ventitreene Daniil Trifonov va presentando in questi ultimi mesi in tutta Europa conferma le notevoli qualità dell’irrequieto vincitore del terzo premio all’ultimo Concorso Chopin (2010), posizione più che confermata con la vittoria del primo posto al Čajkovskij dell’anno successivo. Se in occasione del recital milanese nel novembre del 2012 avevamo qui espresso qualche riserva sulle doti di questa nuova gemma della scuola russa, soprattutto per quel che riguardava la profondità di lettura e la visione d’assieme di alcuni pezzi da novanta come la Sonata di Liszt e, in parte, dei Preludi di Chopin, il percorso che ha segnato il concerto da lui tenuto a Verbier qualche giorno fa non lasciava spazio a dubbi: Trifonov possiede in alto grado un controllo della tastiera come è concesso oggi a pochi. E per controllo si intende qui – lo diamo per scontato – la capacità di estrarre dal pianoforte esattamente ciò che si vuole, indipendentemente dal valore, dalla bontà degli intenti. Dato che gli intenti erano in questo caso più che ammirevoli, il risultato della serata è andato al di là delle aspettative e il pianista ci ha regalato alcuni momenti di emozione da non sottovalutare.
Nella prima parte del programma Trifonov si è concentrato su due pagine di raro ascolto, dedicate alla forma della variazione e completamente immerse nel mondo del pianismo russo. Il Tema e variazioni, sesto numero dai Six morceaux op.19 di Čajkovskij, è un luogo bellissimo che ci è stato tramandato da almeno due grandi pianisti del Novecento, Emil Gilels e Shura Cherkassky. Chi ha ascoltato quest’ultimo esporre il dolcissimo tema, così tipico della poetica del musicista, e ad esso far seguire le sei piccole metamorfosi, che anticipano luoghi pianistici successivi (tra questi la grande Sonata e il secondo Concerto) ritroverà in Trifonov non pochi elementi in comune. Il giovane virtuoso si è completamente immerso in questo distillato del salotto tardo-ottocentesco e ha saputo dipanare con abilità suprema le non facili trame di una scrittura ricca di effetti splendidi. Risorse molto più cospicue vengono richieste al solista nelle ventidue Variazioni, dedicate a Leschetizki, che Rachmaninov scrisse più tardi sul celebre Preludio in do minore, ventesimo numero della raccolta chopiniana. In questo caso Trifonov aveva a disposizione pochi riferimenti di altissimo livello ma ha persino oltrepassato in inventiva la solidissima lettura di un Bolet. Negli Studi Sinfonici di Schumann, il pianista ha poi colto nel segno anche attraverso una scelta ottimale dei punti di inserimento delle famose variazioni postume riscoperte da Brahms, rispettate oramai da tutti gli esecutori a tal punto che quella che era un tempo l’unica versione da concerto in uso corrente – se riproposta oggi – deve essere esplicitamente indicata in programma come “edizione 1852”. Il fascino estremo delle variazioni postume, che in realtà appartengono alle prime due versioni degli Studi, ovvero le Variations Pathétiques (1834) e Fantasies et Finale (1835), era già stato compreso dal più grande interprete schumanniano della storia – Alfred Cortot – già alla fine degli anni Venti del secolo passato. Ma ogni pianista può oggi ancora giocare le sue carte sugli accostamenti, e Trifonov ha da questo punto di vista operato delle scelte davvero azzeccate. Solamente nei bis il giovane virtuoso ha in un certo senso confermato le nostre passate riserve, snocciolando – pur con grande bravura – un paio di Preludi chopiniani, del tutto estrapolati dal loro contesto.
egr sig. Chierici sono un ascoltatore di musica classica senza conoscenza tecnica della musica tantomeno di quella pianistica però il suo bell’articolo per quello che mi è riuscito di capire mi conferma che anche un esperto di musica dal finissimo orecchio e cultura apprezza al massimo grado questo straordinario talento musicale che mi ha conquistato al primo ascolto.