di Luca Chierici
Daniel Lozakovich, nato in Svezia ma di origini russe, aveva suonato alla Società del Quartetto di Milano nel 2018 alla tenera età di 17 anni, accompagnando il superbo pianista Alexander Romanowsky e a Verbier con Gergiev lo stesso anno.
L’impressione ricevuta – si veda l’articolo pubblicato su queste colonne – era già stata considerevole e sono stati sufficienti quattro anni per aggiungere materiale alle già notevoli aspettative. Il concerto da lui tenuto per le Serate Musicali lunedì scorso ha contribuito non poco a quanto stiamo affermando anche perché Lozakovich avrebbe dovuto suonare a fianco del pianista Stanislav Soloviev, trattenuto in Russia per gli ovvi attuali motivi bellici. E invece non ha esitato a proporre un recital di violino solo, che non è fatto molto frequente nella pratica concertistica e che di solito è compito affrontato da solisti già impegnati in una carriera più che collaudata. Lozakovich ha anche scelto un programma non lungo ma sicuramente di rilievo, iniziando nientemeno che con la seconda Partita di Bach, coronata da una Ciaccona interpretata con vigore e secondo un fraseggio che riusciva a comunicare anche qualche elemento di novità tutt’altro che disprezzabile.
Un suono pieno e sempre controllato, di una bellezza notevole, che ha accompagnato anche la quinta delle sei Sonate di Ysaÿe, dalla cantabilità sinuosa e dalle impennate virtuosistiche, seguita dal Capriccio XXIV di Paganini e dalla “Paganiana” di Milstein, composizione non bellissima ma ingegnosa perché varia il tema del Capriccio precedentemente eseguito in base a moduli che si trovano in tante altre composizioni paganiniane, dai Concerti ad altre pagine dei ventiquattro Capricci dell’op.1. Poco pubblico in sala ma successo notevolissimo che ha portato all’esecuzione di un bis bachiano e di una nota composizione di Kreisler, il Recitativo e Rondò, cavallo di battaglia di tanti virtuosi del passato.