Orbit. Music for solo cello (1945-2015) si pone un obiettivo non da poco: racchiudere in tre cd un’antologia degli ultimi settant’anni di musica per violoncello solo. Quasi quattro ore d’ascolto, in cui il protagonista – sarebbe meglio dire la guida – è il violoncellista Matt Haimovitz, che ci conduce in un percorso multiforme e dai confini effimeri. A dare il titolo alla compilation è un lavoro di Philip Glass del 2013, in cui Haimovitz esalta l’espressività della scrittura: la linea melodica iniziale si sviluppa e si scioglie in una ideale danza. Rimandi lievi alla cellula da cui tutto è nato scivolano in arcate piene, da cui a tratti traspare un dolore sottile e penetrante, per giungere al finale giocato sulle dinamiche del piano. Il violoncellista tesse la trama di questa storia con maestrìa, dando prova di abilità tecnica e sensibilità, caratteristiche che risultano sempre bilanciate nelle oltre quaranta tracce dei tre cd.
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La maggior parte dei brani faceva parte di cinque album precedentemente incisi sempre per l’etichetta Oxingale Records – nata nel 2000 proprio per volere di Haimovitz – e tutti dedicati a composizioni contemporanee: Anthem (2003), Goulash! (2005), After Reading Shakespeare (2007), Figment (2009) e Matteo (2011).
Sono più di venti i compositori scelti per rappresentare il grande caleidoscopio musicale del secolo scorso e di questa primissima parte degli anni 2000, ancora tutta da scrivere. Non solo: quindici di questi compositori sono tuttora viventi e – quesitone di grande rilievo – dieci opere sono registrate appositamente per questa compilation. Si passa dalla maestosa Sequenza XIV di Luciano Berio, all’eclettico 9:11 Blues di Toby Twining; dalla Sonata per violoncello solo di György Ligeti – con gli accordi pizzicati glissati di bartókiana memoria – che arriva ad essere commovente nell’esecuzione; alla poliedricità e al virtuosismo espressi nella Mark Twain Sez dell’americano Paul Moravec. Ma, come anticipato, non ci sono confini rigidi nelle scelte in questa raccolta, che è uno sguardo a tutto tondo sul panorama musicale; sembra un open space, in cui Luigi Dallapiccola siede allo stesso ideale tavolo a cui s’accomodano Lennon e McCartney, qui con un arrangiamento di Helter Skelter firmato da Luna Pearl Woolf, che firma anche Sarabande, già contenuta nell’album Figment.
Questa seconda uscita della collaborazione tra l’etichetta Pentatone e Oxingale Records, Pentatone Oxingale Series, ci accompagna nel Novecento e ci conduce attraverso le porte del XXI secolo senza indicarci un percorso predefinito, ma lasciandoci la libertà di farci ispirare.
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Pubblicato il 2015-12-23 Scritto da ClaudiaFerrari