di Monika Prusak
Dopo ventiquattro anni di assenza torna al Teatro Massimo di Palermo Evgenij Onegin di Pëtr Il’ič Čajkovskij, opera prevista per l’inaugurazione della Stagione 2021, ma riprogrammata a causa del Covid. Lo spettacolo, con regia di Julien Chavaz e direzione di Omer Meir Wellber, è andato in scena con l’allestimento del Theater Magdeburg e dell’Opéra de Lorraine.
Ci è voluto del tempo a Pëtr Il’ič Čajkovskij, annoiato dei recenti ascolti di Wagner e insoddisfatto delle novità verdiane, per trovare il soggetto perfetto di una nuova opera. La lunga ricerca di un “dramma intimo ma potente” lo ha portato alla scrittura in versi di Aleksandr Puškin, rielaborata poi dallo stesso Čajkovskij insieme a Konstantin Stepanovič Šilovskij. La regia di Chavaz rilegge il testo di fine Ottocento in chiave moderna, portando l’azione del dramma dai luoghi reali in un non-luogo al confine tra sogno e realtà. Alla base delle scene di Amber Vandenhoeck, presenti continuamente sul palcoscenico, stanno delle rocce non meglio definite di color verde scuro, alle quali si aggiungono altre macchine sceniche come la sagoma di una casa o delle gigantesche tende bianche e mobili. Tuttavia, quello che giunge agli occhi dello spettatore distogliendolo dall’azione scenica, è la cupezza e la scarsezza dei materiali che disturbano la visione. Sono ben riusciti, invece, i colorati costumi di Sanne Oostervink, che riempiono il palcoscenico di movimento e vivacità. Un plauso particolare va a Eloi Gianini, le cui luci hanno svolto alla perfezione il difficile lavoro di vivacizzare le scene.
La produzione ha riunito un cast di alto livello vocale e ottima presenza scenica; tra i personaggi femminili Carmen Giannattasio in Tatiana, Victoria Karkacheva in Olga, Helene Schneiderman in Larina e Margarita Nekrasova in Filipievna, accanto a Saimir Pirgu in Lenskij, Giorgi Manoshvili in Principe Germin, James Kryshak in Monsieur Triquet e Andrii Ganchuk in Zareckij, con Artur Ruciński nel ruolo del protagnista. Le due coppie giovani Giannattasio/Ruciński e Karchacheva/Pirgu incantano con voci fresche e coinvolgenti e una grande eleganza di gesti e movimento scenico. Al quartetto si aggiunge il Principe Gremin, la cui prestazione si rivela uno dei punti salienti della rappresentazione. La direzione di Omer Meir Wellber porta il dramma in una dimensione popolare e rustica, togliendo eleganza alla scrittura čaikovskiana, e allo stesso tempo produce una resa sonora coerente con la regia di Chavaz. La stessa linea di interpretazione è seguita dal Coro del Teatro Massimo, preparato in maniera impeccabile da Salvatore Punturo.