di Ilaria Badino


L’ultimo disco di Jonas Kaufmann, il tenore bello ed invincibile su (quasi) tutti i fronti, è davvero una piccola gemma di raro splendore. Il focus non è operistico, anzi: è interamente volto al recupero di brani d’operetta o dei primi film musicali che dalla Berlino della Repubblica di Weimar e degli iniziali, terribili anni di Nazionalsocialismo divennero hit mondiali tradotte in varie lingue (verità ribadita dall’aver qui proposto «Dein ist mein ganzes Herz!» sia in inglese che in francese – ma, chissà perché, non nella versione originale tedesca).

jonas-kaufmann-announces-upcoming-lp-you-mean-the-world-to-me-to-be-released-september-16-via-sony-classical-300x300Canzoni che crearono miti e viceversa: riconduciamo alla prima modalità il tascabile Joseph Schimdt, dalla morbida voce larmoyante ed il suo opposto, ossia l’atletico e gran possessore d’acuti Jan Kiepura; alla seconda, senz’altro il monocoluto e tuba-munito Richard Tauber, compositore egli stesso di uno dei bis che Kaufmann predilige eseguire alla fine dei suoi concerti, ossia «Du bist die Welt für mich» (e, nonostante questo prodotto discografico sia stato confezionato ed arrangiato con grandi maestria e perizia, nessuno ci potrà mai distogliere dal malizioso dubbio che un più esplicito omaggio al mitico tenore austriaco da parte del divino Jonas, che l’ha da sempre come nume dichiarato, sia stato reso impossibile a causa della pubblicazione, con qualche mese d’anticipo, del tributo tauberiano di Beczała per Deutsche Grammophon).

La Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin diretta da Jochen Rieder mostra di essere in possesso di un sound degno dei migliori ensemble dei Roaring Twenties, di base levigatissimo ma anche intenso, graffiante, ritmicamente irresistibile; Julia Kleiter, soprano in perenne attesa di spiccare il volo verso il posto che le competerebbe per merito, è una partner ideale per freschezza ed adattabilità del mezzo. E poi c’è lui, Kaufmann, che si prodiga in innumerevoli smorzature, ormai già sua leggendaria cifra stilistica; divora testo e melodia e li porge con fascino ammaliatore da consumato crooner, con quella voce bruna e densa come un vino caldo; alla bisogna, nella fattispecie per «Das Lied vom Leben des Schrenk» di Künneke, torna pure ad essere l’Heldentenor di sempre (del resto, la parte fu creata da Helge Rosvaenge). E così, il cerchio si chiude. Alla perfezione.

Pubblicato il 2015-01-27 Scritto da IlariaBadino

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