di Michele Manzotti
Da anni è impegnato con l’Orchestre Nationale de France come direttore musicale, anche se sale sul podio di tutte le più grandi orchestre del mondo. È forse anche per questo che Daniele Gatti affronta (dopo un Werther di alcuni anni fa) per la seconda volta un’opera francese. Lo fa con il Pelléas et Melisande che Claude Debussy compose nel 1902 utilizzando il testo di Maurice Maeterlinck. Il maestro sta provando l’opera che andrà in scena dal 18 giugno all’Opera di Firenze per il 78° Maggio Musicale.
Nello scorso autunno lei presentò a Firenze il Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy con l’Orchestre Nationale de France. In questo caso l’autore come tratta le voci?
«Se si legge l’intera partitura non c’è un solo melisma come è invece tradizione nell’opera italiana. In pratica i personaggi sono degli archetipi e all’orchestra è affidato il compito di metterli a nudo. Gli interpreti devono recitare più che cantare, dato che a ogni nota corrisponde una sillaba»
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Forse anche per la mancanza di un libretto vero e proprio…
«Debussy cercava da anni una storia sull’animo umano. L’ha trovato nel testo di Maurice Maeterlinck e ha preferito utilizzarlo quasi nella sua interezza, per evitare interventi che l’avrebbero stravolto».
In questa sua lettura, si è trovato in sintonia con il regista Daniele Abbado?
«Sono stato io a chiamarlo lo scorso anno proprio per il Pelléas dopo aver fatto insieme Lohengrin e Wozzeck. Inoltre una peculiarità di questo allestimento è che il cast è tutto formato da cantanti italiani. Quattro dei sei interpreti debuttano in quest’opera, ma non solo. Anch’io e Abbado l’affrontiamo per la prima volta. Quindi stiamo scoprendo insieme elementi che possano dare risposte alle nostre domande».
Qual è l’elemento di attrazione maggiore dell’opera?
«La storia ha un carattere simbolista fortissimo di grande fascino. Mostra la psicologia dei personaggi e la loro evoluzione. Una storia misteriosa, oscura. La musica la descrive perfettamente con Debussy che fa uso della esatonalità lasciando la sensazione che la vicenda resti aperta, irrisolta».
Come si trova a lavorare a Firenze in questo allestimento?
«Ci sono a parer mio alcuni aggiustamenti che devono essere fatti nella nuova struttura teatrale. Ma c’è un’ottima risposta da parte dell’orchestra: molti dei professori non hanno mai eseguito l’opera e da parte loro c’è un impegno importante. Ho già lavorato con le masse artistiche del Maggio Musicale e sono di livello eccellente nonostante la situazione dell’ente che non facilita le condizioni di lavoro».
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