Ensemble Prometeo – Tito Ceccherini, direttore – Venerdì 21 ottobre 2011 – Auditorium Paganini di Parma, ore 20:30 Concerto nell’ambito del Festival Verdi
Con il secondo dei due programmi che l’Ensemble Prometeo dedica a questa edizione di Traiettorie, veniamo accompagnati in un viaggio nella musica francese degli ultimi settant’anni, da Messiaen a Mantovani, un confronto fra cinque generazioni in uno dei Paesi più agguerriti – e spesso provocatorii – sul fronte della musica contemporanea.
Così in questo concerto si possono trovare di fronte due generazioni estreme di questo intervallo, come accade con Quatre mélodies arméniennes (2010) del prolifico compositore trentasettenne Bruno Mantovani e con una delle più ipnotiche sezioni del Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen, scritto durante la detenzione del compositore a Görlitz nel 1940: da un lato la riproduzione sul flauto di uno strumento a fiato della tradizione armena, il duduk, per indagarlo attraverso il filtro della cultura di oggi; dall’altro Abîme des oiseaux, terzo movimento di un capolavoro del Novecento, meraviglioso e impressionante monumento alla sofferenza e all’aspirazione legittima dell’essere umano alla felicità, ove il clarinetto solo intona una lunga magica melodia, al centro della quale sembra di sentire il canto di un uccello che aspira alla gioia contro l’abisso del tempo.
Se Messiaen fu il padre spirituale dei dissezionatori dello spettro sonoro, gli “spettrali”, Hugues Dufourt e Tristan Murail ne furono negli anni Settanta due dei fondatori: An Schwager Kronos (1995) di Dufourt si libera però di qualsiasi dogma ideologico e di metodo, per affrontare a sorpresa un viaggio nel Lied romantico usando il timbro del pianoforte come elemento drammatico, a ricreare i conflitti spazio-temporali caratteristici della musica tedesca dell’Ottocento. E Seven Lakes Drive (2006) di Murail, terzo pezzo del ciclo autobiografico in progress Portulan, pone il rigore “spettrale” al servizio dell’evocazione: questa volta il paesaggio dei laghi del parco naturale degli Appalachi, vicino alla casa americana di Murail.
Dérive 1 è invece un simbolo, un simbolo del Pierre Boulez che negli anni Ottanta non ha mai rinunciato al suo ruolo di guru della musica contemporanea, perseguendo la propria immodificabile strada, orgogliosa e autorevole al contempo. Il titolo di questo pezzo del 1984, quando l’autore aveva appena cinquantanove anni, si spiega semplicemente con il fatto che i sei accordi su cui Boulez crea una rotazione di variazioni con differenze minime l’una dall’altra sono tratti da un pezzo di tre anni prima, Répons. Un ennesimo labirinto musicale, una sfida ai facili effetti, un omaggio al rigore intellettuale.
Non resta a questo punto che la generazione dei cinquantenni, che ha seguito immediatamente l’esperienza “spettrale” ma non ha mai smesso di ammirare Boulez.
Per esempio Frédéric Durieux, uno che usa il colore per creare raffinate e rarefatte atmosfere, per saturare l’aria di suoni pastosi, ma allo stesso tempo non accetta di rinunciare a quello sviluppo di sonorità per strati, per successive esplorazioni, che ha imparato da Boulez. Études en Alternance, commissionato da Rai Trade nel 2002 e primo segmento doppio di un ciclo di sei pezzi, inizia come uno scherzo e termina in una barcarola malinconica dedicata a uno “spettrale” che non c’è più, Gérard Grisey. Uno studio sulla musica che si sviluppa tecnicamente, cercando una propria ragione storica e una propria bellezza diversa da tutte le altre.
Oppure, infine, Philippe Hurel, di cui l’Ensemble Prometeo propone …à mesure, un rimbalzare aggressivo e chiassoso dei sei strumenti coinvolti, in cui ognuno accelera e rallenta per conto proprio: sei universi autonomi in apparenza, che prevalgono su qualsiasi idea di sviluppo in una rabbiosa, passionale, musicalissima esperienza di confronti con il passato e il presente.