Pagine del grande compositore e organista francese per il XXVIII Festival Organistico Internazionale a Torino
Il raffinato Maurice Duruflé campeggiava monograficamente in programma, lo scorso lunedì 31 ottobre in occasione del bel concerto del Gruppo Vocale Cantus Firmus (validamente affiancato dall’organista Paolo Giacone), per il cartellone del XXVIII Festival Organistico Internazionale che si svolge a Torino presso il Santuario di Santa Rita. Direttore artistico, ideatore e fondatore del Festival stesso, l’organista Massimo Nosetti, l’altra sera impegnato in veste di direttore di coro. In programma, di Duruflé, il raffinato «Requiem op. 9» dalle seducenti atmosfere modali, ancor più toccante e intimista nella versione per coro e organo (rispetto a quella orchestrale), che permette di apprezzarne al meglio la profondità e l’eleganza, dal pacato «Introït», giù giù sino al conclusivo «In Paradisum» non immemore di Fauré, passando per il toccante «Libera me». Pochi i momenti in cui il tono si fa possente, prevalgono infatti per lo più i colori soffusi e le luci ambrate. Eccellente l’interpretazione di Nosetti che, ben assecondato dal Cantus Firmus, formazione esperta ed affiatata con alle spalle lunghe frequentazioni del mondo francese, ne ha colto al meglio l’esprit imbevuto di riferimenti al plurisecolare patrimonio gregoriano. Quello stesso patrimonio che costituisce il saldo appiglio per le pagine organistiche di Duruflé: è il caso della poetica «Fugue sur le thème du Carillon de la Cathédrale de Soissons» e così pure del vasto trittico costituito da «Prélude, Adagio et Choral varié sur le thème du Veni Creator op. 4», proposti all’ascolto, nella prima parte della serata, dal versatile e colto Mario Verdicchio, tecnica sicura, grande esperto di Duruflé del quale esegue spesso l’opera omnia e dotato di una rara sensibilità nella scelta timbrica. Rivelatasi ottimale anche grazie alle straordinarie doti foniche dell’organo Zanin a quattro tastiere e dalle coreografiche canne en chamade collocato in Santuario nel 1990. Strumento progettato dallo stesso Nosetti con criteri moderni, ma nel contempo attenti alla tradizione organaria. Ecco dunque le risorse di un sofisticato sistema di sequencer che consente di predisporre un numero praticamente illimitato di registrazioni ed una tavolozza timbrica davvero singolare (lo strumento venne inaugurato niente meno che da Guillou), uno strumento dunque particolarmente adatto a proporre l’intera letteratura organistica, da Frescobaldi ai contemporanei.

Ed è proprio questa la peculiarità del Festival Organistico Internazionale ormai prossimo a festeggiare i suoi primi 30 anni: l’internazionalità delle scuole e, nel contempo, la caratura internazionale degli interpreti, tra i più bei nomi del concertismo mondiale (negli anni sono passati organisti sommi, per dire, da Simon Preston a Marie Claire Alain, e scusate se è poco) provenienti dalla Danimarca come dalla Corea, oltre che da Francia, Inghilterra, Germania, Irlanda e ancora: Israele, Messico, Spagna, Polonia, Stati Uniti e via elencando. Da sempre poi il direttore artistico Nosetti (che quest’anno ha aperto il Festival con un concerto al cui interno figurava tra l’altro la simpatica «Sonata» di Nino Rota), pone una speciale attenzione per offrire al pubblico le più dissimili tendenze interpretative così come rivela una rabdomantica capacità di sondare i lati più riposti del repertorio: rarità dunque accanto ai capisaldi.
E le ricorrenze in tal senso offrono un favorevole pretesto. Sicché nel cartellone della presente edizione (tutti i dettagli sono sul ricco sito www.santaritaorganfestival.it a cura di Omar Caputi) un posto speciale occupa Liszt: gli verrà dedicata una vera e propria monografia in più ‘puntate’ sorta di Festival nel Festival, dal 5 dicembre al 30 gennaio 2012, protagonisti Marco Limone, Aldo e Bruno Bergamini, Guido Donati e lo stesso Nosetti. Non solo. Il 2011, che per il grande pubblico coincide con i festeggiamenti mahleriani e così pure lisztiani, è anche l’anno delle ricorrenze di vari compositori che all’organo dedicarono le proprie attenzioni: dal citato Nino Rota al fecondo Guilmant, dal poetico e sfortunato Jéhan Alain, scomparso giovanissimo e pur fondamentale nel panorama musicale del ‘900 al grande Marco Enrico Bossi del quale ricorre il 150° della nascita. Tutti autori degnamente rappresentati entro il cartellone del Festival che si presenta ricco e variegato: non solo organo ma anche ensemble cameristici, coralità ed altro. In più d’un caso, poi, i recital ripristinano la prassi oggi in netta ripresa dell’improvvisazione su temi forniti dal pubblico: un quid in più che di solito affascina e seduce, dacché le caratteristiche foniche dello Zanin a 4 manuali, lo consentono, offrendo il destro ai singoli interpreti di sbrigliare la fantasia. Così è avvenuto lo scorso 17 ottobre al termine dell’applaudito concerto del fuoriclasse Frederic Blanc.
Il prossimo appuntamento è per il 7 novembre, con il tedesco Bernhard Marx, già allievo di Marie Claire Alain, titolare al Duomo di St. Blasien (Foresta Nera) che accosterà Bach a De Grigny, Tournemire, Alain, Bossi, Langlais e Litaize. Poi il 14 sarà la volta dello svizzero Jean-Christophe Geiser progettista del recente organo di fabbricazione statunitense collocato presso il Duomo di Losanna: il primo organo della storia ad essere stato progettato dal designer di grido Giorgetto Giugiaro, il ‘padre’ della Golf e di molte altre auto di successo.
Prosecuzione poi sino a primavera inoltrata con concerti a tema (ad esempio per la Settimana Santa) come da tradizione. Tutti i dettagli, il prospetto fonico dello strumento ed altro ancora sul citato sito.
Attilio Piovano
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