Un’opera in un atto per bambini e per coloro che amano i bambini, come viene definita dall’autore Gian Carlo Menotti, è stata rappresentata nel nuovo allestimento del Teatro Massimo presso il Teatro Nuovo Montevergini di Palermo, rendendo omaggio al compositore italiano naturalizzato statunitense nel centenario della nascita
di Monika Prusak
La composizione è stata scritta per l’Opera di Amburgo nel 1968, ma ha ottenuto grande successo negli Stati Uniti dopo la prima alla City Opera di New York. Chi sono i Globolinks e perché i bambini dovrebbero temerli? «Hai paura?» si chiedevano a vicenda i piccoli spettatori del Nuovo Montevergini, coprendosi il viso con le maschere degli extraterrestri preparate per l’occasione. E di paura ce n’è stata abbastanza, perché il palcoscenico era semibuio, acceso da qualche raggio ultravioletto (luci di Claudio Schmid) che illuminava i costumi fluorescenti di Daniela Cernigliaro e le scene colorate di Gaia Buzzi. La scatola di un gigantesco televisore, la cui forma ha occupato tutto il palco, trasmetteva immagini a tre livelli, «in 3D» sussurravano tra loro i bambini, quello dello schermo esterno (ologramma a bordo del palcoscenico), quello dell’azione teatrale (palcoscenico), e quello di un piccolo schermo nel fondo della scena (video artist Lorenzo Curone).
I Globolinks, impersonati dai Giovani danzatori del Teatro Massimo, appaiono subito dopo l’annuncio della loro invasione e si uniscono in una danza onirica (regia e coreografia di Elisabetta Marini) accompagnati da diversi suoni elettronici. Le sonorità digitali degli extraterrestri sono state elaborate e registrate per Menotti da Eckhard Maronn e presentano un curioso esempio delle sperimentazioni sonore degli anni ’60, come la manipolazione del nastro o l’uso del sintetizzatore analogico. I Globolinks, alieni giunti sulla Terra da un altro pianeta, sono pericolosi per il genere umano in quanto anche un minimo contatto provoca la trasformazione dell’uomo in uno di loro, preceduto dalla perdita della facoltà di parola. È un messaggio sottile, quindi, quello di Menotti, che lega l’avvento dell’elettronica alla crisi del linguaggio e della comunicazione. A proteggere i protagonisti dal pericolo sarà, infatti, il suono degli strumenti acustici, come quello del violino suonato in scena da Emily, uno dei ruoli principali, interpretato dal soprano Francesca Micarelli. Il timbro fresco e originale della Micarelli si è adattato bene al personaggio; essendo anche violinista la cantante è risultata ideale per questo ruolo.
Ma l’ispirazione alle tematiche science fiction non è l’unica a trasparire da quest’opera. Nella scena I dell’atto unico menottiano si nota un elemento usato spesso nel cinema americano del genere thriller o horror, ovvero un autobus scolastico che si ferma in circostanze misteriose. Il veicolo, guidato da Tony (baritono), possiede per fortuna il clacson che, con un accordo spezzato di Do maggiore, riesce a salvare gli alunni dall’attacco degli alieni. Il divertente personaggio di Tony è stato reso in maniera eccellente dal timbro prezioso e dalla recitazione naturale di Giovanni Bellavia, accompagnato dal Coro di voci bianche del Teatro Massimo (studenti); alcuni piccoli del coro si sono avventurati anche in brevi ma incisive parti soliste.
Ed ecco che la scena si sposta a scuola dove i professori con in testa il preside Dr. Block (baritono) si preoccupano per il ritardo della scolaresca, agitati maggiormente dai richiami insistenti di Madama Euterpova (soprano) sull’importanza della musica nell’istruzione dei ragazzi (non per caso il suo nome si ispira alla musa della musica Euterpe). I «diavoli assassini», i «mostricini», come vengono chiamati gli alunni, avevano dimenticato di portare in gita i loro strumenti, per cui non avevano potuto mantenere la promessa data alla Madama di esercitarsi ogni giorno durante le vacanze. Tutta la scena II si concentra sul lamento della maestra – interpretata da Patrizia Orciani, la cui voce drammatica ha dipinto perfettamente il temperamento della protagonista – e sulla relazione sentimentale tra lei e il Dr. Block. Sarà lui, uomo freddo e poco sensibile, a risponderle che «dopo tutto, la musica non è la materia più importante» e ancora «Io non canto, Madama Euterpova, un preside non canta». Ma la maestra lo ama profondamente e prima di lasciare la scuola con gli altri professori intona brevemente La ci darem la mano dal Don Giovanni di Mozart. Il Dr. Block, interpretato dal baritono Nicolò Ceriani, impersona quindi un preside che non ama la musica, né si interessa della sua importanza per la formazione dei bambini. E per questo Menotti lo trasforma in un balbettante alieno.
La scena III segna la vittoria sui Globolinks. I professori, portati con sé tutti gli strumenti musicali, raggiungono l’autobus degli alunni e formano insieme a loro una grande banda strumentale, riuscendo in questo modo ad allontanare gli extraterrestri. Con questo gioioso happening, simile a quello dei teatri di strada, la banda abbandona il palcoscenico, lasciando lo spazio all’ultima scena (IV). In effetti, nessuno si è accorto che Emily, andata in cerca d’aiuto, si è persa. Ed ecco che la si rivede in un fantastico scenario di una foresta d’acciaio. Stanca di vagabondare, nonostante il pericolo, si addormenta. «Non riposarti!» sussurrano i bambini nel pubblico, perché un Globolink si avvicina per toglierle il prezioso violino. Quando Emily si sveglia lo strumento è rotto e quello che vede, incredula, è la definitiva trasformazione del Dr. Block in un alieno. Il preside svanisce senza spiegazione nel nulla. Menotti offre al personaggio di Emily linee liriche di particolare bellezza, che incantano anche i più impazienti spettatori. Sembra che in lei si racchiuda quell’ideale di musica, che deve proteggere il mondo dalla distruzione aliena. Ma il finale rimane sospeso, perché il futuro della musica e del mondo non sono del tutto prevedibili. In questa ultima scena si è notato maggiormente l’interessante lavoro timbrico svolto da Attilio Tomasello alla guida dell’Orchestra del Teatro Massimo.
Help! Help! The Globolinks! non ha ricevuto critiche sempre positive, ma comunque è stata riconosciuta come un’opera divertente e di forte impatto. Certamente non si può parlare oggi del pericolo da parte della musica elettronica, perché essa è ormai una realtà ben affermata, che coesiste in un reciproco rispetto con quella acustica, a volte suscitando negli artisti dei due generi la voglia di dialogo. Quella che appare attuale, invece, è la riflessione sul ruolo della musica nella vita di un individuo, nella formazione scolastica e la sensibilità verso la sua divulgazione. «Prendete i vostri strumenti o diventeremo tutti Globolinks!» grida Madama Euterpova e oggi il suo grido ci sarebbe molto utile. Menotti scrive la sua opera per bambini e per coloro che amano i bambini, ma anche per coloro che vogliono che la musica sopravviva. Per concludere con Euterpova, «sarà proprio la fine del mondo se la musica morirà»?
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