
Opera • Al Prinzregententheater di Monaco di Baviera in scena la versione concertistica del Divieto d’amare o La novizia di Palermo, opera giovanile di Richard Wagner, ripresa in occasione dell’anno dell’anniversario del compositore. Ulf Schirmer dirige corretto e cast all’altezza del compito
di Riccardo Rocca
A nche nella wagneriana Monaco di Baviera, dove in tempi non troppo remoti è stato allestito sia dalla Bayerische Staatsoper sia dallo Staatstheater am Gärtnerplatz, un titolo come Das Liebesverbot (1836) costituisce una rarità per il pubblico. La scelta del Münchner Rundfunkorchester di presentarne un’edizione in forma concertante in occasione dell’anno wagneriano – per Verdi l’appuntamento sarà in aprile con Ernani – è forse il miglior modo per omaggiare compositori il cui canone è (stra)rappresentato in qualunque stagione d’opera del mondo. Il caso del Divieto d’amare è interessante nella misura in cui esso rappresenta uno stadio curioso dello sviluppo creativo di Wagner: lo stile compositivo è vicinissimo a quello che era ritenuto il modello dell’opera tedesca dell’epoca, ossia Weber, con tutto ciò che ne comporta anche in termini di analogie strutturali con l’opera italiana ed i suoi numeri chiusi. Naturalmente di tanto in tanto, specie nel canto di Friedrich, emergono momenti in cui già si intravedono le straordinarie potenzialità del compositore d’opera rivoluzionario per antonomasia: gli equilibri tra canto ed orchestra rimandano certo a soluzioni innovative che saranno la cifra dell’innovazione wagneriana successiva. Lo stesso tema d’amore, qui trattato in modo leggero, sarà, come noto, rivisitato da Wagner secondo prospettive molto più dense e complesse.
A parte tutto questo, però, l’impianto generale dell’opera richiederebbe attitudini esecutive piuttosto lontane rispetto a quello solitamente adottate per le opere maggiori di Wagner. A partire da un’orchestra che dovrebbe irradiare tutta la freschezza di un’opera che è comica e brillante: eventuali pesantezze e magniloquenze rischiano di far apparire – specialmente il primo atto – meno riuscito di quanto probabilmente non sia già di suo. Se a Ulf Schirmer, anche direttore artistico dell’orchestra, va reso il merito di una concertazione precisa, non possiamo non rilevare nella sua direzione anche una certa approssimazione e disinteresse per tutto quel che va oltre il generale corretto funzionamento dell’insieme.
Dispiace infatti sentir talvolta provenire da un’orchestra di buonissimo livello come quella della Radio di Monaco clangori gratuiti o eccessivamente roboanti, specie in una sala raccolta come quella del Prinzregententheater in cui ogni sfumatura verrebbe pienamente valorizzata. Insieme al buon Coro Filarmonico di Praga, preparato da Lukáš Vasilek, i solisti sono stati quasi tutti all’altezza del loro compito, a partire dalle tre protagoniste femminili: Erika Sunnegårdh (Isabella), convocata in extremis a sostituire una collega indisposta, Magdalena Hinterdobler (Dorella) e Marika Schönberg (Mariana). Se pure buona è stata prova di Tuomas Pursio nella parte di Friedrich, reggente di Sicilia, meno riuscita invece è sembrata la scelta dei tenori: essa è costata cara specialmente ad un Daniel Brenna che, se probabilmente vanta molte frecce al proprio arco come Siegfried, in una parte acuta e virtuosistica come Claudio può solo rischiare il peggio. Miglior figura ha fatto Bernhard Berchtold, anch’egli al limite delle proprie possibilità, ma sicuramente avvantaggiato nel poter risolvere la parte di Luzio con accenti da tenore caratterista: il brillante Carnevals-Lied del secondo atto è stato, da questo punto di vista, uno dei momenti più apprezzati della serata.
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