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Concerti • Grande successo alla Scala per Gergiev e Kavakos impegnati in un programma tutto russo tra Šostakovic e Čajkovskij: la capacità mirabile di concertazione del direttore si unisce alle abilità eccezionali del violinista. Per un risultato oltre le aspettative
di Luca Chierici
Preludio. Il festival delle musiche per telefonino è una realtà che oramai affianca puntualmente qualsiasi funzione pubblica, in particolare quelle musicali, e che disturba in maniera insopportabile sia gli artisti che coloro che sono presenti in sala. Vi sono serate particolarmente afflitte da questa piaga, come quella dell’altra sera alla Scala, dove gli squilli multipli sono capitati proprio nei momenti più delicati e hanno costretto il paziente Leonidas Kavakos ad attendere per una buona manciata di secondi l’avvio del “bis”, per non parlare dell’imbarazzo gigantesco che tutti hanno vissuto nel momento in cui i trilli si sono avvicendati durante il minuto di silenzio chiesto dall’orchestra per commemorare un collega da poco scomparso. Ora, dato che il 95% del pubblico presente in sala è dotato di questi utilissimi apparati, il calcolo delle probabilità vuole che non sia proprio così remota la possibilità che più di una persona si dimentichi di abbassare il volume del proprio cellulare. Quindi è del tutto inutile appellarsi alla buona volontà e all’educazione del pubblico stesso, che dovrebbero essere tirate in causa, questo sì, per impedire l’altrettanto fastidioso cicaleccio che spesso sovrasta l’esecuzione musicale (all’inizio del Concerto di Šostakovic abbiamo dovuto sorbirci la minuziosa descrizione di un complesso itinerario di vacanza caraibica da parte di un facoltoso spettatore seduto alle nostre spalle). Esistono alcuni metodi che permettono di intercettare le chiamate o di mascherare le pareti di una sala per evitare il funzionamento dei dispositivi, e su questa (onerosa) strada ci attendiamo si orientino i gestori di qualsiasi luogo adibito a pubbliche rappresentazioni di spettacoli.
Disturbi a parte, l’appuntamento scaligero che ha attirato una folta schiera di abbonati e simpatizzanti ha soddisfatto ogni aspettativa nonostante la difficoltà di ascolto di parte del programma (il Concerto per violino in la minore di Šostakovic) e la scarsa notorietà della sinfonia di Čajkovskij scelta per l’occasione. Il primo lavoro sinfonico di Čajkovskij, a torto ricordato e interpretato in base alle didascalie che illustrano i soli primi due movimenti, è opera di valore discontinuo (e il punto più debole è rappresentato dalla parte conclusiva del Finale) ma allo stesso tempo contiene una sorta di prezioso distillato di un linguaggio che ritroveremo lungo tutto il percorso creativo del musicista. Gergiev ha insistito su questa caratteristica piuttosto che perdersi nella illustrazione oleografica dei “sogni di un viaggio invernale”, sottolineando citazioni di motivi ed elementi architetturali (ad esempio le sezioni fugate) o interventi strumentali e miscele timbriche che verranno utilizzati più volte in seguito. Ma le capacità di concertazione e di controllo della compagine orchestrale da parte di Gergiev si sono apprezzate soprattutto durante il Concerto di Šostakovic, pagina le cui infernali difficoltà mettono alla prova non solamente l’abilità del solista ma anche tutto il delicato equilibrio di concatenazione tra lo strumento principale e un’orchestra che deve essere prontissima a seguirne gli spunti in un discorso nel quale le responsabilità del risultato finale sono esattamente condivise. Ci aspettavamo molto da Kavakos, forse il violinista che oggi concentra su di sé una sommatoria di qualità che assai difficilmente si trovano presenti in un solo artista, ma i risultati sono andati ben al di là del previsto. Mantenere una qualità e un volume di suono eccezionali nel corso di una partitura così massacrante e in una esecuzione dal vivo è impresa straordinaria che forse il solo Oistrakh, dedicatario del lavoro, era in grado di portare a termine. Grandi emozioni ha ovviamente comunicato Kavakos al pubblico durante la lunga cadenza al termine della Passacaglia, momento di estrema concentrazione e dimostrazione di quanto l’Autore conoscesse profondamente le risorse dello strumento ad arco. Delle difficoltà delle parti orchestrali si è già accennato, ma è doveroso sottolineare nello Scherzo i prodigi dei fiati della Filarmonica o quelli di timpani e xilofono nel Finale, che si conclude con un Presto di proverbiale difficoltà d’assieme. L’orchestra tutta si è unita al termine agli applausi del pubblico per il direttore e soprattutto per il solista, visibilmente soddisfatto per il successo della serata.
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