Lapis roulant • Il quadro clinico di un paziente straordinario, le infinite ipotesi sulla sua scomparsa e le ricadute psicologiche di un mistero che dura da più di due secoli
di Rosario Vigliotti
S ono 141 le ipotesi formulate per la morte di Wolfang Amadeus Mozart. Fra queste, l’influenza, la febbre miliare acuta, l’infezione da streptococco, l’emorragia cerebrale, l’obesità, la trichinosi (patologia che colpisce i consumatori di carne di maiale poco cotta) e, naturalmente, l’avvelenamento per mano di Antonio Salieri. Mozart morì a Vienna il 5 dicembre del 1791, all’età di trentacinque anni, e già pochi giorni dopo la sua sepoltura si cominciò a indagare sulle cause che lo avevano strappato alla vita. In Amadeus, il film di Milos Forman uscito nelle sale nel 1984, ispirato all’omonimo lavoro teatrale di Peter Shaffer del 1979 – a sua volta ispirato al Mozart e Salieri di Aleksandr Sergeevic Puškin (1897) – proprio l’invidia di Salieri per Mozart fa da movente per l’avvelenamento. Puškin non aveva svolto ricerche storiche sulla morte del genio di Salisburgo. Limitandosi a riportare per iscritto una serie di dicerie, aveva preso spunto dalle vicende umane dei due musicisti per contrapporre due tipologie d’artista: l’invidioso Salieri che accusa Dio di esser con lui ingiusto, non volendo ricompensare lo sforzo, la diligenza e l’abnegazione di un vero artista, per coronare invece la pazzia e la sregolatezza dell’ozioso Mozart.
La morte di uomini famosi innesca in noi un processo di elaborazione che partorisce un grande pettegolezzo, un insieme di credenze fondato sulla regola che ciò che è scritto è attendibile per il solo fatto di essere scritto. A ben vedere, ciò avviene anche oggi con le leggende metropolitane tramandate per email, o con le teorie cospirative, come quella secondo cui l’uomo non è mai andato sulla luna. Antonio Salieri, noto quasi più per il sospetto ruolo di assassino che per le capacità di compositore, effettivamente aveva “confessato” di aver avvelenato Mozart, ma era così demente all’epoca che avrebbe ammesso qualunque altro delitto. Molti di quelli che hanno scritto su questa “misteriosa” morte (incluso Georg Nikolaus von Nissen, che di Mozart sposò la vedova) hanno dichiarato di conoscere “dettagli sconosciuti”, ma forse le sole testimonianze affidabili sono quelle di chi lo vegliò al capezzale: sua moglie e sua sorella.
Recentemente, la musicologa francese Michèle Lhopiteau e il dottor François Cerutti, della Società Francese di Medicina Legale, hanno avanzato come ipotesi l’avvelenamento da “liquore di van Swieten”, una pozione medicamentosa a base di mercurio inventata da Gerard van Swieten, medico di corte di Maria Teresa a Vienna, ispettore generale dell’insegnamento medico in Austria e fondatore della scuola medica viennese. Il liquore era noto per le sue proprietà antisettiche, antiparassitarie, anti-sifilide e purganti, ma non certo per gli effetti letali del mercurio, che furono scoperti solo nel 1863. L’ipotesi degli studiosi francesi è quindi plausibile ma difficile da dimostrare, visto che Mozart fu seppellito in tutta fretta in una fossa comune, e che sul cadavere non furono eseguiti rilievi autoptici.
Nella prima parte di una ricerca iniziata alla fine del secolo scorso, il musicologo statunitense Neal Zaslaw, della Cornell University, e i dottori Faith T. Fitzgerald e Philip A Mackowiak – “Noble heart”, n. 100 dell’American Journal of Medicine, 2001 – basano l’anamnesi dell’illustre compositore su fonti storiche:
Il paziente, trentacinquenne, presenta febbre, eruzioni cutanee e anasarca (versamento sottocutaneo). La malattia si è manifestata negli ultimi giorni di novembre, a seguito di un’epidemia diffusasi in città. Il paziente aveva alle spalle una lunga storia di disturbi medici, ma nell’anno in corso, prima del manifestarsi della malattia, il suo stato di salute poteva considerarsi buono. La malattia si è manifestata con febbre acuta, emicrania e intensa sudorazione, accompagnata da rigonfiamento delle mani e dei piedi. Nei giorni successivi è subentrato l’anasarca, talmente forte che il paziente ha avuto difficoltà a rigirarsi nel letto. A partire dalla seconda settimana ha accusato dolori generalizzati, con vomito e diarrea, ed è apparso così gonfio e debilitato da non potersi più sedere sul letto senza assistenza. Le facoltà mentali però sono rimaste intatte. Da bambino ha sofferto di malnutrizione, essendo la sua dieta basata in massima parte su una mistura di acqua, miele e farinata d’orzo. All’età di dieci anni si è ammalato per quattro settimane: si sospetta per un eritema nodoso. Fra i sette e i dieci anni ha avuto episodi di febbre e poliartrite, probabilmente dovuti ad attacchi di febbre reumatica acuta. All’età di nove anni, lui e la sorella sono stati colpiti da febbre debilitante, con episodi di delirio, simile in quanto a manifestazione a quelle di tifo o di febbre tifoide. Ha avuto ricorrenti faringiti: il primo episodio all’età di otto anni, probabilmente degenerato in ascesso peritonsillare.
Undicenne, ha contratto il vaiolo, e cinque anni dopo ha avuto itterizia di non determinata eziologia. Si ritiene che abbia, ragionevolmente, goduto di buona salute fino all’età di ventisei anni, quando ha avuto episodi di sudorazione, intense coliche e vomito. Nello stesso periodo altre persone in città erano state colpite dalla stessa malattia, e per questo si presume potesse trattarsi di infezione gastrointestinale. All’età di trent’anni ha sofferto di emicranie intermittenti, tonsilliti, artralgia, crampi allo stomaco e dolori ai denti, disturbi dimostratisi particolarmente fastidiosi nel suo trentaquattresimo anno di vita, probabilmente a causa dell’ansia per le persistenti difficoltà finanziarie e per le precarie condizioni di salute della moglie, sofferente di infiammazione ricorrente delle vene varicose. Ha trovato giovamento grazie a vari e non specificati medicamenti (forse il liquore di van Swieten?, n.d.r). Dopo la sua morte, la moglie ha rivelato che egli aveva avuto brevi attacchi di malattia in settembre ed ottobre, che non gli avevano però impedito di lavorare. Il paziente è stato uno di sette figli, dei quali solo due hanno superato l’infanzia. Sua sorella, più piccola di cinque anni, è viva e gode di ottima salute. La loro madre è morta all’età di cinquantasettenne anni, quando Wolfgang aveva ventidue anni, a causa di una febbre acuta che si sospetta febbre tifoide o, probabilmente, tubercolosi.
Il padre, che per lungo tempo ha sofferto di reumatismi, è morto all’età di 77 anni per un possibile problema alle coronarie; questo, quattro anni prima che si manifestasse la malattia che avrebbe condotto suo figlio alla morte. Il paziente era sposato, aveva due figli sani. Aveva fatto moderato uso di sostanze alcoliche, vino e birra, e aveva occasionalmente fumato la pipa. Aveva viaggiato a lungo per l’Europa occidentale. Aveva avuto un canarino ed un cane. Negli ultimi tempi il canarino era stato rimosso dalla camera del paziente, dato che il suo verso cominciava a procurargli fastidio. Il paziente giaceva nel letto ed era vestito con un abito aperto posteriormente che ne facilitava la vestizione. Era vigile, ma appariva molto malato. Era caldo al tatto e sudava in modo copioso. Aveva l’orecchio sinistro piatto, con curve antelici scarsamente sviluppate (l’ultimo dei suoi figli aveva la stessa deformazione). Era evidente un esteso anasarca, associato a diffuse e maculate eruzioni cutanee, sul petto e sull’addome. Il decorso clinico del paziente è stato caratterizzato da febbre persistente, sudorazione e crescente anasarca. Le condizioni sono peggiorate nettamente il quattordicesimo giorno di malattia, quando si sono avute le prime manifestazioni di delirio. È stato eseguito un salasso, accompagnato da impacchi freddi sul capo. Nelle prime ore del quindicesimo giorno di malattia è subentrato il coma ed il paziente è morto. L’autopsia non è stata eseguita»
Probabilmente non sarà mai possibile stabilire con certezza le cause della morte di Mozart, vista la carenza di dati clinici esaustivi e la fretta con cui la salma fu sepolta. Anche se non c’è una tomba su cui portare fiori, ci resta la sua immortale musica, unita alla considerazione che come esseri umani diveniamo particolarmente sensibili quando persone straordinarie muoiono per motivi normali. Sentiamo il bisogno di tenere sotto controllo ogni cosa, soprattutto la morte; quella degli altri e, naturalmente, la nostra. Secondo gli psicologi neghiamo inconsciamente l’evidenza dei fatti in modo che, nell’accorgerci di non aver controllato qualcosa, moltiplicheremo i nostri sensi di colpa. Più grande è il personaggio di cui si parla, più sarà difficile stabilire le cause della morte; e più pesante sarà il macigno che graverà su di noi.
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Autoavvelenamento da arsenico, come per Cajkovskij. Ma entrambi hanno ricevuto l’ordine d’uccidersi!
Ho letto nella recente biografia di Mozart, Mozart la caduta degli dei, un significato del tutto diverso del dramma di Puskin. Il poeta russo aveva fatto ricerche approfondite e i due autori del saggio danno una visione nuova del suo micro dramma. E se Mozart e Salieri fossero in realtà Puskin e Puskin?
Mozart è morto a mio avviso per una insufficienza renale ingravescente, esito di una malattia reumatica. Tutti gli elementi a disposizione orientano verso questa diagnosi. Allora non esisteva la dialisi!
anche la ritrattistica secondo me conforta l’ipotesi di questa diagnosi, guardate i suoi occhi gonfi, edema da insufficienza renale, evidentissima….