
Opera • Inaugurata la Stagione 2013-14 del Teatro Regio: in scena il titolo verdiano con la ripresa dell’allestimento di Sylvano Bussotti datato 1979
di Attilio Piovano
GRAN SUCCESSO AL REGIO DI TORINO, mercoledì 9 ottobre, per un’apertura di stagione con un’edizione storica del verdiano Simon Boccanegra, ovvero l’allestimento firmato nel lontano 1979 quanto a scene, costumi e regia, da Sylvano Bussotti (festeggiato a fine serata). Suggestivo allestimento che conserva validità, già ripreso nel 1995 ed ora rimesso totalmente a nuovo, grazie al lavoro certosino dei Laboratori di Scenografia del Regio. Una regia di forte impatto (ripresa da Vittorio Borrelli), con coreografici movimenti della masse (l’acclamazione del doge e così pure la seduta del Gran Consiglio, ma anche il finale), attenta altresì ai momenti più intimistici del capolavoro della maturità nella quale la presenza del mare dal brillio traslucido, reso con ingegnoso effetto, appena intravisto all’orizzonte, oltre i finestroni, e poi eletto a protagonista nell’ultima parte dell’opera, domina sovrano; meravigliosamente evocato, è per così dire immanente, un mare che assume valore metaforico di muto contraltare alle umane vicende, identico a se stesso eppure mutevole con quell’incessante varietà che contraddistingue i fenomeni di natura.
E il respiro del mare è nella musica stessa: quel senso della «brezza marina» che Boccanegra morente evoca a fine opera. Un’opera dai colori bruniti, densa di preziosità armonico-timbriche con una tavolozza di strepitosa bellezza al servizio di una drammaturgia di serrata efficacia che Gianandrea Noseda ha governato con sicurezza (potendo contare sull’orchestra del Regio in gran forma), cesellando i dettagli senza mai smarrire la visione d’insieme ed imprimendo vigoria ritmica nei passi incalzanti che lo richiedono. Ancora una volta si è apprezzato il suo accurato lavoro di concertazione su voci, orchestra e coro (istruito da Claudio Fenoglio, con ottima resa nella scena del Gran Consiglio, per possanza sonora e icastica maestosità), sì da far emergere al meglio i conflitti interiori tra i personaggi tormentati da forti passioni, nel contempo, ponendo in luce l’aspetto pubblico della complessa vicenda.
Lutti, rapimenti, odi e vendette, lotte tra opposte fazioni e colpi di scena – si sa – sono gli ingredienti di quest’opera eccelsa e torva, dall’armonia cangiante, magmatica che racchiude come in un bronzeo scrigno immensi tesori. Sul versante delle voci è stato un vero e proprio successo personale quello di Ambrogio Maestri nel ruolo tormentato del Doge Boccanegra: ha sbozzato la figura con autorevolezza, sia vocale sia scenica, e ricchezza di sfumature, salutato da applausi vivissimi. Meritatamente festeggiata anche María José Siri dalla vocalità flessuosa, capace di eleganti pianissimi e notevoli sfumature timbrico-espressive, nonostante qualche asprezza nel registro acuto: ha regalato emozioni specie nella toccante scena dell’agnitio, vero climax emozionale del I° atto. Di alto livello la prova di Michele Pertusi nel ruolo determinante dell’acerrimo nemico Fiesco e molto bene la voce del tenore Roberto De Biasio nel ruolo di Gabriele Andorno. Ottimo Alberto Mastromarino nel rendere ambigua l’opportunista figura di Paolo Albiani esaltandone tutta la negatività.
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