In memoria di Syd Barrett: la nuova opera «icono-sonora» del poliedrico compositore Yuval Avital in prima a Reggio Emilia. Visual Art di Matteo Guarnaccia, storico protagonista dell’arte psichedelica| Scarica la partitura grafica| Video Esclusivo
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di Cecilia Malatesta
SYD BARRETT È SOLO UN PRETESTO. Il geniale fondatore dei Pink Floyd diventa protagonista dell’icon sonic opera di Yuval Avital come archetipo della libertà creativa e sonora, di un’intensa energia artistica che si accende e si scatena per poi perdersi e dissolversi in un attimo, lasciando un alone di tensione nel mondo. Perché Syd Barrett (1946-2006) ha creato e plasmato dal nulla uno dei gruppi più importanti della storia del rock e se n’è andato, quando il successo si sfiorava ma ancora doveva arrivare, senza i clamori e i litigi cui il rock ci ha abituati, senza ambizione o vanità, traendosi in disparte, divorato dalla schizofrenia e inghittito dall’LSD. Non è la fine di tanti, è l’autoesilio, il ritorno ad essere uno chiunque, a vivere i successivi trent’anni con la madre, l’esaurirsi della fiamma.
Colore, psichedelia, oggetti, video, proiezioni analogiche, body painting, ombre
Noise for Syd non è la celebrazione di un mito, è l’omaggio ad un modo di concepire l’arte e il processo creativo tutt’uno con l’esperienza dell’anima; un’opera totale che si snoda attraverso una partitura ricca di elementi e indicazioni, grafiche, notazionali, simboliche, iconiche, da seguire oppure no. Colore, psichedelia, oggetti, video, proiezioni analogiche, body painting, ombre, maschere progettate da Matteo Guarnaccia che sfilano in sette scene allegoriche multisensoriali, vibranti del live electronics di Giovanni Cospito e del sinth di Riccardo Sinigaglia, degli strumenti acustici dei solisti del Teatro alla Scala, della chitarra elettrica di Avital e dei corpi nudi di danzatrici, veri diapason della bellezza e della potenza creativa umana.

Rischiosa operazione nostalgica? Come parlare oggi con quel linguaggio e inserirsi nella produzione contemporanea con un’opera che non vuole scendere a patti con niente e con nessuno? È palese che il contesto di produzione e fruizione sia cambiato in maniera radicale da quegli anni ai giorni nostri e che oggi la sperimentazione sia sempre più ingabbiata in un sistema commerciale entro il quale a volte sembra aver perso il suo significato primario; ma se questo è inevitabile, ancor meno accettabile è, in favore di quest’ossessionante mercificazione, la parallela ossessione per l’etichetta. E Avital, da artista poliedrico particolarmente sensibile e stanco di questo, si è ritagliato uno spazio in cui operare liberamente incanalando la sua energia creativa e quella dei suoi artisti. È una sfida, ma anche un’altra eruzione – per usare una metafora di Matteo Guarnaccia – di un vulcano dormiente ma pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
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di Francesco Fusaro
MATTEO GUARNACCIA, nato a Milano nel 1954, è un pezzo vivente della storia della controcultura psichedelica italiana ed internazionale. A testimoniare la sua partecipazione attiva a quell’irripetibile periodo che furono gli anni Settanta l’innumerevole numero di poster, illustrazioni e copertine per album e libri create in quarant’anni di carriera, inseguendo (e spesso raggiungendo) il sogno di fondere segni e segnali provenienti da ambiti lontani: la grafica avanguardista di Rick Griffin (illustratore dei magazine Zap Comix e Surfer) e le arti orientali; il muralismo messicano e la Pop Art anglosassone. L’esperienza diretta di ambienti artistici internazionali gli ha permesso nel tempo di imporsi come voce imprescindibile della critica alle correnti artistiche coltivate in seno ai movimenti antagonisti. Sono nate così le pubblicazioni (ricordiamo Guernica Blues, Underground italiana e Psichedelica, tutte uscite per i tipi di Shake Edizioni), le curatele di mostre e rassegne di arte contemporanea, le performance artistiche (El Topo Heppening del 2001 al fianco di Gianni Milano e Timoria), senza dimenticare l’attività di insegnamento tramite la quale ha trasmesso alle nuove generazioni il patrimonio culturale ed artistico di un periodo storico pieno di ombre ma anche di angoli luminosi di creatività.
DANDO UNA RAPIDA OCCHIATA alla sua variegata produzione musicale appare subito chiaro che Yuval Avital, chitarrista e compositore nato a Gerusalemme ed oggi residente a Milano, coltivi il gusto della sfida musicale. Una sfida che non nasce però per mero agonismo artistico ma come sincero desiderio di ricerca al di là dei confini di genere troppo spesso utilizzati in musica per classificare, per stabilire una scala di valore. Come valutare altrimenti la presenza, nell’opera di Avital, di compagini musicali così disparate come cento suonatori di gong e bamboo (l’opera sonora Karagatan) o un intero coro di Samaritani? O le installazioni di 120 nastri, 8 casse e sistema di intelligenza artificiale (Space Unfolded in collaborazione con Giovanni Cospito e Marcello Coradini, padre della planetologia italiana)? O ancora il ciclo di musica cameristica Music for 7, concepito intorno all’esplorazione di specifici timbri di strumenti musicali (flauti, corni, violencelli, ecc.)? Di fronte a questo interesse onnivoro nei confronti della musica, alimentato anche da una carriera solista che lo ha visto esibirsi in qualità di chitarrista in giro per il mondo (dal Toronto Performing Arts Center al Royal Palace di Copenaghen, dal National Conservatory of China Auditorium al Miami Art Base), appare naturale che Avital incrociasse prima o poi il percorso artistico di un (sia detto con assoluta simpatia) borderline artistico qual è Matteo Guarnaccia per la creazione di Noise for Syd.
Video • Avital:«Nella nostra epoca l’artista duro e puro viene punito in continuazione»
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Teatro Cavallerizza | Reggio Emilia | Mercoledì 13 novembre 2013 ore 20.30
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