Alchimie sonore: il compositore cinese ha diretto le proprie composizioni alla guida dell’Orchestra della Toscana
di Mariateresa Storino
SAREBBE LIMITATO PARLARE DI CONCERTO riferendoci alla Organ Music di Tan Dun, presentata nella stagione di Musica Insieme al Teatro Manzoni di Bologna il 4 dicembre. I tre brani del ciclo Organ Music (1998-2009), diretti dallo stesso compositore alla testa dell’Orchestra della Toscana, coinvolgono interamente lo spettatore. Sul palco prende vita un teatro musicale, in cui la gestualità non è solo mezzo di produzione del suono ma essenza integrata dell’esperienza sonora. Immagini sciamaniche della cultura tradizionale cinese hanno guidato Tan Dun in un percorso a ritroso, verso le origini, in cui il materiale degli strumenti stessi, oltre che la loro forma, rievoca un passato millenario. Il viaggio si compie attraverso l’uso di percussioni soliste ad acqua (Water Concerto), di carta (Paper Concerto) e di coccio (Earth Concerto). Una sorta di rituale, come segnala l’inizio del Water Concerto: il solista principale si avvicina dal fondo del teatro verso il palco, ballando e suonando uno strumento dalla fattura arcaica, richiamando il pubblico all’esperienza iniziatica.
D’altronde come non immergersi nell’acqua dei timpani, quale scelta più consona per rivivere un passato ancestrale. Memorie inconsce si uniscono all’universale gioco del battere le mani nell’acqua, qui trasfigurato da un incedere ritmico complesso e da variazioni di timbro, originate da ciotole, bicchieri, gong. Utensili di uso comune vengono assunti in un contesto d’arte contemporanea, riallacciando il discorso tra un prima – lontanissimo – e un oggi, le cui tracce risiedono nelle esplorazioni sonore dei bambini, non ancora schiacciati dalle leggi razionali.
Della forma del Concerto Tan Dun preserva la suddivisione in tre/quattro movimenti, l’inserimento di cadenze affidate al solista, ma l’attenzione alla forma, almeno in Water Concerto è surclassata dallo stupore di una musica “dell’acqua” integrata in un’orchestra tradizionale. Effetti a sorpresa, come nel finale, in cui suona una cascata ottenuta da uno “scolapasta” immerso nell’acqua del timpano e sollevato velocemente. I rumoristi del cinema non si sorprenderebbero davanti a tali scelte, ancor meno del variegato “rumoreggiare” della carta nel Paper Concerto. La tradizione cinese indubbiamente vanta una tipologia estremamente ampia di strumenti tradizionali (visibile anche in Earth Concerto), ma non si può negare l’influenza ricevuta da Tan Dun dalla cinematografia, un’esperienza come compositore di musica da film che si riflette anche nella scenografia e nella regia dello spettacolo: il solista principale al centro, accanto al direttore, ai due lati gli altri due solisti, a specchio. Nel Paper Concerto tre lunghe strisce di carta appese al soffitto sono percosse, sono scosse come investite dal vento; il ventaglio e perfino l’ombrellino di carta diventano strumenti. L’arte degli origami diventa suono. Il gesto di Tan Dun è intenso, preciso, tutto scorre in modo limpido, programmato ma allo stesso tempo realmente vissuto. I solisti si muovono sul palco come danzatori, come guerrieri dell’Impero, con gesti intrisi di valenze simboliche. È musica visiva, un’alchimia sonora, in cui Oriente e Occidente s’incontrano.
Tan Dun dirige l’Orchestra della Toscana | Stagione di Musica Insieme, Teatro Manzoni di Bologna, 4 dicembre
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