di Monika Prusak
Dopo la pagina novecentesca est-europea proposta dall’Orchestra Sinfonica Siciliana in occasione del Giorno della Memoria, la Fondazione esegue un programma dedicato quasi interamente alle musiche italiane del XX secolo, condotte dal direttore svizzero di origine greca, Georgios Balatsinos. Tra i compositori in programma, Alfredo Casella e Ildebrando Pizzetti, accostati a due allievi di Pizzetti della generazione successiva, Ottavio Ziino e il greco Yorgos Sicilianos.
Un recupero importante, quello delle musiche del neoclassicismo italiano, che non ha attirato il pubblico del capoluogo siciliano: il Politeama Garibaldi ha registrato, infatti, numerosi posti vuoti. È senza dubbio il prezzo da pagare per il coraggio di mettere in scena musiche di non facile ascolto e tantomeno esecuzione, che appartengono ai diversi momenti di un secolo piuttosto sofferto e frammentario. Lo sforzo è, tuttavia, apprezzabile in un panorama concertistico, che spesso non tiene conto della necessità di presentare non solo le musiche di facile apprendimento, ma anche e soprattutto quelle a cui il pubblico non è abituato. Un repertorio nuovo o poco conosciuto diventa per l’ascoltatore uno stimolo prezioso, anche se non accomodante, e allo stesso tempo indispensabile per una maggiore coscienza storica e culturale.
Il programma del concerto è stato scelto con cura, proponendo in apertura la prima esecuzione italiana del Adagio e Vivace per orchestra d’archi op. 8a di Sicilianos, composizione breve, ma incisiva e di piacevole ascolto, eseguita per la prima volta nel 1953. Dopo un inizio lento e cupo caratterizzato da una certa staticità ritmica e armonica, la musica si sviluppa in un movimento vivace da dinamiche contrastanti e con un finale d’effetto. Si percepisce sin dall’inizio un’ottima intesa tra il direttore e l’orchestra: Balatsinos dirige con grande verve e attenzione al dettaglio. Lo stesso approccio continuerà nel pervaso dallo spirito neoromantico Concerto per archi di Ziino, eseguito per la prima volta proprio a Palermo nel 1993. Ziino, che fu il primo direttore stabile e artistico dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, avendo un ruolo importante nella divulgazione della musica contemporanea negli anni Sessanta, ha concepito il Concerto in tre movimenti di complessa fattura, ma di comprensione non immediata. Complice della complicatezza risulta l’estesa durata della composizione, con una fuga centrale assai intricata e dissonante, nonché l’esecuzione articolata, che a tratti traspare nell’orchestra. Più riflessivo e disteso, il terzo movimento vanta degli ottimi assoli di violino, viola e violoncello. È pregevole il piacere di dialogare tra i solisti dell’OSS, accompagnati dal gesto rassicurante e preciso di Balatsinos, che nella conclusione della prima parte del concerto si guadagna un entusiastico applauso del pubblico e degli orchestrali.
Il cambio di giacca del direttore (ma non delle atmosfere sonore) ha introdotto la seconda parte del concerto, che ha impegnato un organico orchestrale più vasto nel Preludio a un altro giorno di Pizzetti del 1951 e ne La giara, suite per orchestra dal balletto op. 41 bis di Casella del 1924. Rispetto alle sonorità accoglienti e mediterranee di Sicilianos, la musica di Pizzetti si distingue per una singolare drammaticità espressiva, che impiega l’orchestra in maniera più totale: l’ampio ventaglio delle dinamiche e la presenza degli strumenti a fiato rafforzano l’intensità della performance.
L’ultima composizione della serata, La giara di Casella, è una suite tratta dal balletto originale, andato in scena per la prima volta a Parigi nell’anno della sua composizione. Concepita come un balletto tipicamente italiano, La giara trae il soggetto dall’omonima novella di Luigi Pirandello (raccolta Novelle per un anno) e mescola diverse influenze musicali, dal folclore siciliano all’opera buffa. Il periodo in cui è stata composta risale a un momento delicato nella storia, ovvero quello del Ventennio e della grande fiducia che Casella ripose nei confronti del «nuovo concetto di vita essenzialmente italiano, che vuol dire eroico, armonioso, costruttivo, e allo stesso avventuroso e tradizionale». In una lettera del 1922 il compositore scriveva a Gianfranco Malipiero sulla necessita di seguire «con passione i grandissimi avvenimenti d’Italia». L’autore del Manifesto programmatico dell’Associazione Italiana per la Musica Moderna, Casella, era inizialmente affascinato dalla figura del duce, tanto che ad un certo punto abbandonò le sue idee innovative puramente musicali per dedicarsi a un nuovo progresso del paese che doveva apparire “grande, forte e moderatamente ammirato”. La giara è frutto di quel periodo, con i suoi tratti festosi e la grandiosità, che oggi ancora di più sa di una magniloquenza obsoleta. L’Orchestra Sinfonica Siciliana ha eseguito la suite con la dovuta esplosività e concentrazione. Una nota va alla tromba solista di notevole timbro e capacità espressiva e alla sezione delle percussioni, affiatata e ben strutturata. Il più forte plauso si deve al lavoro costruito da Georgios Balatsinos, che è riuscito a creare un continuo crescendo espressivo tra le quattro composizioni, coinvolgendo visibilmente tutta l’orchestra in un’unica e ben calibrata interpretazione.