Dopo la prima mondiale radiofonica andata in onda sulla Radio Vaticana nel 2023, la nuova composizione di Marcello Filotei è stata presentata in prima esecuzione assoluta in concerto, come evento straordinario dell’Istituzione Universitaria Concerti IUC di Roma, interpretata dall’ensemble di percussioni Ars Ludi diretto da Gianluca Ruggeri con la voce solista del baritono Patrizio La Placa, già cantore della Cappella Musicale Pontificia Sistina. Il concerto è stato preceduto da un incontro con il compositore, con il giornalista e produttore dei programmi musicali della Radio Vaticana, Marco Di Battista, e con il Direttore artistico della IUC, Giovanni D’Alò.
“7” Meditazione su Septem verba Christi in cruce di Joseph Haydn per percussioni, baritono ed elettronica (2023) di Marcello Filotei è frutto di una commissione di Marco Di Battista, che ha affidato al compositore romano il compito impegnativo di riproporre la composizione haydniana in una lettura contemporanea per sole percussioni e voce. La difficoltà oggettiva di questa idea sta intanto nell’immaginare che cosa di quella estesa composizione scritta da Haydn per una funzione religiosa ben precisa (l’opera, del 1786, fu commissionata da un canonico di Santa Cueva de Cádiz nella Spagna meridionale per la celebrazione del Venerdì Santo) possa avere un significato oggi. La composizione orchestrale di Haydn è caratterizzata, inoltre, da tempi lenti e gravi, dato che la rende di non facile ascolto al giorno di oggi e che crea un ulteriore ostacolo alla resa moderna dei suoi contenuti. A queste difficoltà si aggiunge il fatto che nel XXI secolo la musica sacra si scrive decisamente meno rispetto all’epoca di Haydn e che, di conseguenza, il pubblico è poco abituato ad ascoltarla dal vivo e ad apprezzarla, se non nel repertorio dei secoli passati.
Le “7” parole (che in realtà sono delle frasi) hanno per Filotei un significato universale: sono delle vere e proprie “indicazioni su come si può vivere”. Tuttavia, quello che ha deciso di fare nella sua composizione è ricreare delle atmosfere, delle sensazioni che quelle frasi potrebbero provocare: i suoni di tutti gli strumenti usati sono una sorta di revisione timbrica dell’opera di Haydn, che porta il contenuto antico in una ambientazione del tutto nuova e inedita. Filotei ha parlato della completezza della composizione di Haydn che gli ha permesso di lavorare al meglio sulla transizione dei contenuti. Quello di Haydn era un ordine strumentale settecentesco, mentre il mondo sonoro delle percussioni rappresenta il caos tipico dei giorni nostri. La struttura della composizione originale è stata mantenuta con l’aggiunta di due Intermezzi.
Gli undici movimenti della composizione, affidati alle numerose percussioni, scorrono in maniera continua. In questo fluire degli strumenti viene rappresentata una sorta di caos interiore, che si alterna a momenti lirici pervasi da una bellezza ad effetto straniante: le citazioni di Haydn suonate sugli strumenti a percussione risultano spesso distorte per via di una intonazione oscillante dei singoli strumenti, che le rende particolarmente coinvolgenti. “7” è ricco di sonorità toccanti e profonde, che rafforzano le immagini rese importanti già dallo stesso testo, come nel caso di Hodie mecum eris in Paradiso, in cui diversi strumenti vengono sfregati con un archetto o in quello di Mulier ecce filius tuus, in cui la voce del baritono propone un canto delicato e partecipe. La voce suadente di Patrizio La Placa sembra parlare non solo a nome di Cristo crocifisso, ma dell’intera popolazione. Il momento più alto dell’intera opera è il movimento centrale, che cerca di rispondere alla domanda: «Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato?» Questo è l’unico movimento in cui Filotei usa l’elettronica: quaranta voci di diverse nazionalità ripetono la frase nella propria lingua, creando l’effetto di un popolo sofferente in preghiera, accompagnato da percussioni rarefatte ma di maggiore intensità dinamica. La grande maggioranza delle lingue slave indica un riferimento netto alla situazione precaria dei paesi distrutti dalla guerra, il cui senso di abbandono generale viene riflesso nella musica che man mano soffoca le parole con dinamiche sempre più elevate. La sete del movimento Sitio diventa una sete generalizzata del mondo – interessante in questo caso l’immersione di uno strumento in acqua per dare l’idea di come il suono cambia. E anche la già nominata madre che vede suo figlio morente, diventa la metafora di tutte le madri del mondo, che vedono la morte dei propri figli e non possono fare nulla per salvarli. Come la maggior parte dell’opera, anche il Terrae motus finale si svolge più interiormente che in superficie. È un terremoto che deve scuotere gli animi, un grido soffocato ma presente, che ci divora da dentro per l’impotenza e l’indifferenza di cui siamo portatori.
Rendendo “7” così vicino alla vita quotidiana, Filotei toglie alle parole di Cristo la loro dimensione unicamente religiosa, e le avvicina a un pubblico più vasto. Il suono delle percussioni affascina, travolge e incuriosisce. L’inserimento degli effetti speciali, dei suoni inediti e delle articolazioni nuove, coinvolge l’ascoltatore, che rimane colpito dalla freschezza della musica. L’Ars Ludi Ensemble diretto da Gianluca Ruggeri e la voce ben calibrata e carismatica di Patrizio La Placa accompagnano lo spettatore in una dimensione artistica e musicale alta, tale da non accorgersi del passare del tempo. “7” è una vera e propria meditazione sul nostro tempo, un momento di riflessione raccolta e solenne.