È morto il 9 settembre il pianista, direttore d’orchestra e fondatore del Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo. Fu allievo di Arturo Benedetti Michelangeli e una figura di rilievo per la cultura musicale italiana. Lo ricordiamo con la breve testimonianza di un musicista che ha lavorato con lui per trentacinque anni
di Ernesto Merlini
Sono appena rientrato da una rigogliosa borgata bresciana: Cazzago San Martino. Lì ebbe i natali, tanti anni fa Agostino Orizio e lì si ebbero ieri i suoi funerali. Durante la cerimonia gli ho suonato all’organo ottocentesco della chiesa un po’ del suo amato Bach: era anche presente il grande violinista Uto Ughi che gli ha dedicato un paio di pagine bachiane per violino solo. Esecuzione come sempre mirabile.
Ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare per trentacinque anni con Agostino Orizio in qualità di cembalista e organista nella compagine dell’orchestra del Festival pianistico internazionale “Arturo Benedetti Michelangeli” di Brescia e Bergamo, ed ho anche avuto il privilegio della sua amicizia. In lui ho avuto modo di ammirare innanzitutto la sua bontà d’animo, la sua generosità, la semplicità; il rigore che portava tutte le sue esecuzioni concertistiche sempre ad un livello molto molto alto. Era forse la lezione appresa dal suo Maestro, il grande Arturo Benedetti Michelangeli? Non so. Quello di cui sono certo è che la sua figura di uomo e artista è entrata ora a buon diritto nella storia musicale europea. Grazie Maestro, grazie Agostino!