Terzo appuntamento per la rassegna «The Best of Italian Opera» al Regio di Torino con l’opera che fa più opera
di Attilio Piovano foto © Ramella&Giannese
E DOPO BOHÈME E BARBIERE un altro best seller dell’opera di tutti i tempi, l’opera che fa più opera, Pretty Woman docet, vale a dire Traviata. A Torino, la sera dell’11 luglio per il cartellone di The Best of Italian Opera. Spettacolo già visto, regìa di Laurent Pelly nella co-produzione di Regio e Santa Fe Opera Festival. Fa piacere constatare che talora il lavoro dei critici non è del tutto ignorato e negletto se la curiosa e francamente incredibile scenografia del second’atto (rimandiamo ancora il lettore alla citata recensione) è stata totalmente rifatta, ancora a firma di Chantal Thomas, ora cubi che si aprono, con nuvolette azzurrine e squarci di cielo, un po’ naïf, ma in sintonia con gli elementi della restante scenografia prescelta. Restano le nostre personali perplessità sull’opportunità di aprire con il funerale sui cieli fumiganti di Parigi che, continuiamo a ripeterlo, corre il rischio di far torto all’intelligenza del pubblico (ancorché a taluni piaccia moltissimo); restano le perplessità circa il finale con Violetta lasciata sola a morire e i due Germont (padre e figlio) che con discrezione l’abbandonano: inspiegabile, e non vale il discorso che in tal modo tutta l’attenzione si concentra su di lei, un po’ di rispetto per le didascalie del libretto non guasta, anche se si tratta di un big come Pelly.
Ciò detto, lo spettacolo regala momenti di notevole efficacia, ad esempio nel primo atto e ancora nella scena della festa a casa di Flora con validi movimenti delle masse ad assecondare le strepitose intuizioni drammaturgiche e musicali del sommo Verdi.
Desirée Rancatore (che al Regio fu tra l’altro una indimenticabile Olympia nei Contes d’Hoffmann e di recente applaudimmo al Carlo Felice in Lucia) è una Violetta a tutto tondo. Le sue indiscusse doti vocali le garantiscono applausi vivacissimi e vere e proprie ovazioni a scena aperta. un po’ eccessive, a nostro avviso, in presenza di qualche asprezza di troppo e certi cambi di registro non sempre gradevoli, ma è fatta così. Prendere o lasciare. Un po’ bidimensionale, questa vota l’Alfredo di Piero Pretti, lo avremmo voluto un po’ più animato, un po’ più a tinte forti, un po’ più imbevuto di «bollenti spiriti», ma tant’è. Così così Luca Salsi che pure ha riscosso anch’egli una pletora di applausi, quasi standing ovation. Talora poco udibile la Flora di Samantha Korbey. Apprezzati ancora una volta i ballerini Simona Tosco e Luca Martini nell’animata scena che evoca il carnevale che impazza, mentre Violetta è prossima alla fine. Ottimo il coro e in forma l’orchestra diretta da Francesco Ivan Ciampa che ha dipanato la partitura con correttezza, senza guizzi, ma nemmeno senza cadute. Puntando sull’efflorescenza dei momenti ludici, per così dire, e facendo emergere, per contro, i tratti intimisti con buona resa. Un vero trionfo di pubblico.